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Cosa sappiamo su come impariamo

Si sa ancora poco su come il nostro cervello sia in grado di immagazzinare nuove informazioni e di imparare nuovi comportamenti. Il tema dell’apprendimento dei nuovi comportamenti viene toccato e studiato da diversi ambiti come pedagogia, neuroscienze e psicologia. Per quanto riguarda quest’ultimo approccio – quello psicologico – classicamente vengono distinte due modalità di apprendimento: l’apprendimento per condizionamento classico e quello per condizionamento operante (a cui aggiungiamo una terza, di più moderna analisi: l’apprendimento per imitazione di modelli).

La modalità di apprendimento detta “per condizionamento classico” è quella studiata da Ivan Pavlov tramite i suoi famosi esperimenti sulla salivazione del cane. Riassumendo, Pavlov riuscì a far apprendere ad un cane il comportamento “salivazione” (risposta condizionata) in risposta ad uno stimolo diverso dallo stimolo incondizionato che naturalmente produce salivazione (ovvero la vista e l’odore del cibo), come ad esempio il suono di una campanella (stimolo condizionato). Pavlov ottenne questo risultato presentando ripetutamente all’animale lo stimolo “campanella” contemporaneamente allo stimolo “cibo”. Dopo varie esposizioni, il cane iniziava a salivare quando si presentava lo stimolo “campanella”, anche in assenza dello stimolo “cibo”. Ovviamente, se per più volte la campanella suona senza che il cibo arrivi, può avvenire anche il processo opposto, il decondizionamento, e il cane “dimentica” il comportamento appreso di salivazione in risposta alla campanella.

Questo sembra un sistema di apprendimento molto primitivo e lontano da noi; ma anche gli esseri umani imparano così molti comportamenti. Tutti, infatti, tendiamo maggiormente a ripetere un’azione se questa si associa (temporalmente e ripetutamente) ad uno stimolo piacevole.

L’apprendimento per condizionamento operante è stato invece studiato da Skinner nei suoi quasi altrettanto famosi esperimenti sui piccioni. In questo caso, l’animale si trova all’interno di un ambiente sperimentale (lo Skinner Box), nel quale è presente una leva che, quando azionata, dispensa del cibo al piccione. Il piccione in questo caso apprenderà un comportamento (quello di premere la leva) che tenderà a ripetere perché ne deriva una conseguenza piacevole (detta rinforzo).

La conseguenza del comportamento può essere positiva (rinforzo positivo) o può allontanarmi da qualcosa di spiacevole (rinforzo negativo). Questo è il motivo, ad esempio, per cui tendiamo ad evitare qualcosa che ci fa paura o ci provoca ansia (allontanarmi dallo stimolo temuto dà sollievo dalla paura e dall’ansia, ed è quindi un comportamento che tenderò a ripetere). Il soggetto avrà una tendenza tanto maggiore a ripetere un comportamento quanto più la conseguenza è positiva e quanto più spesso essa si verifica in associazione al comportamento (se la leva dispensa cibo solo una volta ogni dieci, il piccione impiegherà più tempo ad apprendere il comportamento).

Come esseri umani, abbiamo la capacità unica di proiettare il nostro pensiero nel futuro. Per questo motivo, è possibile apprendere un comportamento che non dia un premio immediato, ma che magari offra una possibile ricompensa in futuro. Ad esempio, posso studiare ogni giorno per un mese prevedendo che questo mio comportamento mi procuri un miglior risultato all’esame (e quindi un premio lontano nel tempo).

L’ultima modalità di apprendimento che volevo citare è l’apprendimento per imitazione di modelli. Questo è sicuramente il modo più comodo e che richiede meno sforzo per imparare un comportamento. La teoria prevede che l’uomo (e altri animali) siano in grado di apprendere utilizzando altri individui come modelli. Se vedo qualcun altro eseguire una certa azione e ricevere una ricompensa, sarò portato ad imitarlo. Se invece lo vedo ricevere una punizione, probabilmente non eseguirò la stessa azione.

Ancora molto resta da scoprire riguardo ai processi di apprendimento. Recentemente, nuove frontiere si sono aperte per quanto riguarda le macchine in grado di apprendere e le Intelligenze Artificiali. E chissà che lo studio di queste non ci porti a scoprire qualcosa in più anche su noi stessi.

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