Come vi immaginate una tipica serata da gamer? E’ in camera sua, le luci sono spente. Le cuffie aderiscono bene alle sue orecchie, in modo da isolarlo dal resto del mondo. Tiene stretto il joypad, con le mani che sudano. In testa ha solo il mostro finale. Gli si legge negli occhi che c’è quasi. L’ha sconfitto, ha vinto la partita.
In molti videogiochi, l’obiettivo è quello di abbattere mostri. Nel mondo reale sono i videogiochi ad essere i mostri da abbattere. Alcuni li criticano, altri li demonizzano, altri ancora pensano siano una perdita di tempo. E se vi dicessi invece che i videogiochi aiutano a sviluppare parte della nostra personalità ed alcune soft skills che ci sono d’aiuto nel mondo reale?
Prima di cominciare il nostro viaggio nel mondo del gaming, voglio darvi qualche numero sull’incidenza che i videogiochi hanno nel mondo.
3 miliardi di persone.
Secondo la DFC Intelligence, azienda che si occupa di analisi di mercato nel mondo del gaming, questa è la quantità di videogiocatori in tutto il mondo. In Italia, invece, secondo il rapporto annuale del 2020 realizzato da IIDEA, Italian Interactive Digital Entertainment Association, il numero totale dei videogiocatori è di 16.7 milioni, circa il 38% della popolazione italiana compresa tra i 6 e i 64 anni. Sono numeri da capogiro per l’industria videoludica, che continua a crescere di anno in anno. Fatte queste dovute considerazioni, andiamo a scoprire, come ha evidenziato Jane McGonigal, nota game designer, in uno dei suoi famosissimi TedTalk «How gaming can make a better world».
Come si può migliorare il mondo coi videogiochi?
Nel mondo del lavoro di oggi, una delle soft skills più richieste è il problem solving, cioè la capacità di risolvere problemi trovandosi in situazioni differenti e talvolta sconosciute. Nel suo più famoso TedTalk, Jane McGonigal ha definito i videogiocatori out-of-the-box problem solver. Con il termine out of the box, letteralmente ‘fuori dalla scatola’, si intende il riflettere in maniera differente per risolvere un problema. In maniera molto curiosa, ci spiega che questa qualità viene fuori perché i players sono abituati a fallire nell’80% delle loro situazioni durante il gioco: maggiore è il numero delle volte in cui falliscono e maggiore è il numero dei tentativi con cui provano ad arrivare alla fine della missione. Con l’aumentare dei tentativi, i giocatori cercano di cambiare il proprio modo di giocare durante le partite, in maniera tale da poter arrivare a completare la task richiesta.
Secondo la designer, il fallimento durante un game è differente da un fallimento nella vita reale. Nella vita reale, il fallimento ci porta ad abbandonare determinate attività. Quando videogiochiamo, invece, siamo abituati a fallire e raddoppiamo le nostre energie per superare le sfide dinanzi a noi. Ad implementare la tesi riportata dalla game designer, intervengono gli studi dell’American Psychological Association che in un articolo mostrano come i videogames portino benefici su quattro piani differenti: cognitivo, motivazionale, emozionale e sociale.
Dal punto di vista cognitivo, il ricercatore Adam Lobel, ci spiega che i videogiocatori, su tutti quelli che giocano agli shooter video games (i giochi d’azione) sviluppano spatial ability, secondo Wikipedia «la capacità di comprendere, ragionare e ricordare le relazioni spaziali tra oggetti o spazio» superiori alla media. Un’analisi sviluppata dal ricercatore Uttal nel 2013, prova che i miglioramenti nelle spatial ability, conseguiti videogiocando, equivalgono esattamente a quelli che una persona potrebbe conseguire frequentando un corso di studio universitario che tratta della stessa materia.
Sotto l’aspetto motivazionale, i videogiochi risultano essere disegnati e collocati in un sistema costruito per dare feedback immediati ai gamer. In particolare, nel momento in cui si arriva ad una vittoria all’interno del videogame, solitamente si viene ricompensati con svariati premi, che cambiano a seconda del gioco. Questa capacità di premiare gli sforzi fa sì che, soprattutto nei bambini, si sviluppi una teoria sull’intelligenza differente, chiamata ‘teoria incrementale dell’intelligenza’. Essi impareranno a guardare l’intelligenza come qualcosa che si può costantemente migliorare nel tempo: in questa cornice i videogames sarebbero una risorsa importante per sviluppare l’intelligenza grazie proprio al meccanismo di rinforzo positivo.
Per quanto riguarda il piano emozionale, emergono dei dettagli importanti sulla relazione causa-effetto del miglioramento del nostro umore e delle nostre sensazioni nel momento in cui giochiamo ai videogiochi. Oltre al cambiamento in positivo del nostro umore, i videogiochi tendono a controllare le emozioni negative, come rabbia, ansia e tristezza. In merito alla socialità, invece, questi studi mostrano innanzitutto come il 70% dei gamer gioca con un amico, sia in maniera competitiva che in modalità cooperativa. Nei giochi come World of Warcraft (videogioco multiplayer ambientato in un mondo fantasy che nel suo picco di iscrizioni contava 12 milioni di utenti registrati), bisogna prendere delle decisioni su come relazionarsi coi compagni di squadra: scegliere se fidarsi di loro o meno e guidarli con la propria leadership. queste decisioni, prese in un mondo virtuale, portano ad un miglioramento delle social skill nel mondo reale.
Il nuovo ruolo dei videogiochi nella realtà
I videogiochi, col tempo, hanno cominciato ad incidere sulla nostra vita in maniera impressionante e nel futuro prossimo lo faranno ancor di più, soprattutto attraverso la Game Based Learning. La Game Based Learning (GBL) è l’utilizzo di giochi digitali con obiettivi educativi per trasmettere determinate skill agli studenti. In tal senso, i giochi utilizzati per questi fini sono definiti serious game. Attraverso questi serious game e la GBL, si cerca di coinvolgere gli studenti creando appositi videogiochi che simulano scenari, da cui traiamo aspetti positivi attraverso cicli di feedback, e altri meccanismi che aumentano le nostre capacità di decision-making e problem solving. Questo processo viene chiamato gamification. Per saperne di più potete ascoltare l’episodio numero 4 del Podcast ‘Accademico’ di Education Around. Jane McGonigal, secondo la quale i videogiocatori possono salvare il mondo “semplicemente” videogiocando, si è occupata di sviluppare vari serious game che simulano possibili realtà che potremmo trovarci ad affrontare nel futuro prossimo. Uno di questi è il gioco World Without Oil, che simula una realtà alternativa in cui i videogiocatori devono imparare a vivere la loro vita di tutti i giorni, senza poter utilizzare il petrolio.
Oggi abbiamo scoperto l’incidenza che i videogiochi hanno sulla nostra personalità, sulla nostra vita e quella che potrebbe avere sul nostro pianeta. D’ora in poi, quando qualcuno entrerà in camera vostra e vi chiederà: “perché giochi ai videogame?”, voi toglietevi le cuffie e rispondete: “gioco ai videogiochi per salvare il mondo” .