Sulla Histoire du Soldat di Stravinskij
«Tra Vicenza e Miramare, torna a casa un militare!»
Con queste parole ha inizio il 74° Ciclo di Spettacoli Classici al Teatro Olimpico di Vicenza.
La stagione viene inaugurata dall’Histoire du Soldat di Igor Stravinskij, che esordisce con una filastrocca destinata a scandire le varie parti dell’opera. Si tratta, come recita il titolo esteso, di una «storia da leggere, recitare e danzare in 2 parti».
Nell’Histoire du Soldat il canto è pressoché assente, a differenza di quello che ci si aspetta da un’opera. Al suo posto si trova la recitazione di un libretto in rima, mentre sulla scena si esibiscono i protagonisti che mescolano danza e mimo, animati dalla voce del Narratore. Si tratta di un’opera sui generis, che produce sin dall’inizio un effetto inaspettato. L’ambiente ristretto del Teatro viene trasfigurato dalla narrazione di questa fiaba in musica.
Le piccole dimensioni della platea danno l’impressione che il pubblico si sia assiepato attorno all’Orchestra del Teatro Olimpico diretta da Beatrice Venezi, come se a richiamarlo fossero le note di Stravinskij e il fascino del racconto.
La narrazione del testo riesce a cogliere con ironia e la complessità del testo, resa ancora più potente dall’accordo perfetto fra parti narrate e accompagnamento musicale.
Sul palco, gli interpreti si calano nei panni del Soldato, di ritorno in licenza al villaggio natale, del Diavolo, che lo tenta lungo il cammino, e della Principessa, che il Soldato potrà salvare solo salvando se stesso. La storia infatti ruota intorno allo scambio di un violino che il Soldato cede, in cambio di ricchezze smisurate, al Diavolo incontrato sulla via di casa. Da quel momento si susseguono peripezie varie, e il Soldato dovrà ricorrere a tutta la propria arguzia per riavere quello che aveva ceduto, non un semplice violino ma il valore della vita stessa.
L’Histoire du Soldat è un testo teatrale atipico, che unisce un tema tratto dai racconti popolari ad una messa in scena ridotta a pochi attori, e un accompagnamento musicale vario, in cui si susseguono marce, tango e valzer. Quest’opera semplice ma affascinante ha saputo catturare l’attenzione del pubblico da inizio a fine. Partendo da premesse umili, ha rivelato la potenza della narrazione, della tecnica teatrale, del talento di pochi interpreti.
Nemesi
Nemesi, il titolo del ciclo di spettacoli aperto dall’Histoire du Soldat, indica la dea greca della giustizia. Si tratta della Giustizia più severa, quella che distribuisce premi e punizioni secondo quello che ciascuno merita. Allora perché parlarne con una favola così leggera?
L’Histoire du Soldat, come molti racconti popolari, nasconde un significato profondo dietro la propria apparente semplicità.
Quest’opera infatti fu composta da Stravinskij quando, profugo dopo la rivoluzione del 1917 dovette trovare il modo di mettere in scena uno spettacolo itinerante con i pochi attori e musicisti a sua disposizione. In seguito, il tour in programma fu interrotto dalla diffusione dell’influenza spagnola nel 1918. Insomma, la vicenda dell’opera è tutta all’ombra di grandi eventi storici che hanno poco a che fare con il mondo delle fiabe.
Anche a teatro non si ha l’impressione di trovarsi raccolti attorno al narratore per un semplice racconto della buonanotte: si avverte subito che c’è in gioco qualcosa di più profondo.
La vicenda del Soldato insegna che nulla di inestimabile è gratuito, e che solo gli sciocchi cedono quanto hanno di più prezioso a cuor leggero.
Questo vale sia per le ricchezze materiali, che ad un certo punto il Soldato riesce ad accumulare, sia per il valore di un’esistenza libera, un bene immateriale che il Soldato cerca faticosamente di riscattare.
Nella fiaba che Stravinskij mette in musica possiamo trovare questo e altri insegnamenti, che ci ricordano l’importanza di scegliere con prudenza il cammino che decidiamo di intraprendere, e ancora di più di riflettere con attenzione su quello a cui rinunciamo per realizzare le nostre ambizioni.
Ogni viso avrà diritto alle carezze
Come non si capisce davvero l’Histoire du Soldat senza sapere che è una «storia da leggere, recitare e danzare», anche il senso di Nemesi è indicato dal titolo completo, che recita Nemesi, Ogni viso avrà diritto alle carezze.
Le carezze offerte da questo spettacolo di apertura sono molte, e vengono distribuite insieme ad una misura di dolori e delusioni, proprio come nella vicenda del Soldato.
Fra tutte queste carezze, una delle più preziose è l’interpretazione di Drusilla Foer. Dal palco dell’Olimpico, ci insegna che a teatro bisogna saper fingere, accettare la finzione, e dare fiducia alla verosimiglianza per arrivare alla verità.
Nelle vesti di una elegantissima Narratrice, Foer sa trasformare la scena di volta in volta in una foresta dove è possibile incontrare il Diavolo, oppure in un palazzo abitato da una Principessa malinconica, o ancora in una pittoresca locanda dove il Soldato può riposare lungo il cammino.
È la verosimiglianza che ci permette di prendere sul serio questa fiaba, e solo accettando la finzione si può arrivare a comprendere tutta la ricchezza di questo racconto.
L’Histoire du Soldat insegna che uno degli esercizi più difficili della ragione, paradossalmente, è proprio quello di lasciarsi la razionalità alle spalle per esplorare le sfumature della finzione. In questo modo lo spettatore viene incoraggiato a mettere in discussione i propri preconcetti e a calarsi in un’opera che diventa un vero e proprio spazio educativo. Anche se non è completamente vero che si possa incontrare il Diavolo sulla via di casa, o che l’esistenza di una persona ruoti attorno alla perdita e al riscatto di un violino, l’Histoire du Soldat è vera abbastanza da trarne una lezione preziosa.
A teatro si può giocare e allo stesso tempo imparare, fingere e fare sul serio insieme.
La Nemesi però sembra porre una domanda al pubblico dopo la conclusione dello spettacolo. Verità e finzione sono tanto inseparabili anche nella vita?