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Vivere nella learning society: il modello dell’apprendimento esteso

Innanzi tutto, perché learning society? Perché sembra una caratterizzazione auspicabile, se non adatta, per la società in cui viviamo? Il termine nasce tra la fine degli anni ’90 e i primi anni 2000: nel ’95 viene pubblicato il report dell’Unione Europea dal titolo ‘Teaching and learning, Towards a learning society’ e di poco successivo, del 2000, è lo studio commissionato dall’OECD (Organisation for Economic Cooperation and Development) dal titolo ‘Knowledge Management in the Learning Society’.

Con il termine learning society si intende alludere ad un cambiamento nel modo di pensare l’istruzione e il suo rapporto con il mondo del lavoro avvenuto negli ultimi decenni, ma anche, più in generale, ad un aumento nella facilità di accedere alla conoscenza per porzioni della popolazione. Questo cambiamento avviene contestualmente ad altri cambiamenti nella nostra società: l’allargamento dei confini culturali, la globalizzazione, l’aumento della velocità con cui il sapere è creato e le informazioni sono condivise. Sono fattori, questi, che hanno contribuito ad allontanare l’istruzione dalla chiusura entro il recinto scolastico e hanno portato verso un modello in cui l’istruzione è diventata sempre più un affare personale in termini di imprenditorialità di se stessi e di possibilità e facilità di accesso all’istruzione.

Un ruolo fondamentale in questo scenario è giocato dal web, un potentissimo mezzo attraverso cui è possibile ricevere un’istruzione, attraverso corsi a pagamento, universitari e non, e tutorial gratuiti. Si pensi per esempio a fenomeni come Patreon, una piattaforma in cui è possibile finanziare liberamente chi propone il proprio materiale didattico per ricevere parte di esso in anteprima, o anche più semplicemente Youtube, sul quale esistono corsi su argomenti tra i più disparati.

Ma oltre alla tecnologia e all’intraprendenza personale, per andare nella direzione di una effettiva learning society è fondamentale il contributo statale in termini di policy making. A riguardo, l’economista e premio Nobel Joseph Stiglitz in una lezione del 2014 dal titolo Creating a learning society insiste sull’importanza del basso, se non nullo, costo dell’educazione unito alla natura pubblica di ricerca ed Università per il benessere sociale contro la minaccia della privatizzazione del sapere e dell’innovazione sotto forma di brevetti. In questa lezione, Stiglitz sostiene che sia dovere di uno Stato intraprendere una discussione esplicita rispetto alle proprie politiche relativamente a questi temi, perché dove ciò non succede le politiche vengono decise da gruppi di potere.

L’esempio che porta l’economista riguarda il diverso atteggiamento mostrato dal governo americano nei confronti del debito delle corporazioni e di quello degli studenti universitari. Stiglitz ricorda il caso del prestito di 180 miliardi di dollari al colosso delle assicurazioni AIG che rischiava la bancarotta durante la crisi del 2008 concesso dalla Federal Reserve, mentre nel caso degli studenti universitari non c’è alcuna facilitazione in caso di insolvenza. Nel caso di morte dello studente, ad esempio, se i genitori sono cofirmatari del prestito toccherà a loro restituire il prestito con gli interessi.

È chiaro che in questa prospettiva lo Stato americano e le sue politiche contribuiscono a rendere l’istruzione un affare elitario e un rischio per la maggior parte della popolazione, andando nella direzione opposta rispetto a quella di una learning society.

Capire se il termine sia adatto per descrivere la società in cui viviamo esula dallo scopo di questo articolo, tuttavia sembra auspicabile che al di là della spinta dell’innovazione tecnologica, che sotto altri aspetti presenta dinamiche certamente meno positive, i governi facciano la loro parte per mantenere ed estendere l’educazione e la ricerca, intese come forme di espressione ed accrescimento del benessere collettivo.

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