Dopo aver concluso i miei studi in filosofia ho cominciato una seconda vita universitaria nel campo dell’educazione, nello specifico nella formazione continua. La filosofia, o meglio l’approccio filosofico l’ho trascinato con me e lo sto applicando, forse anche più di prima, a questo percorso di ricerca sui problemi e sulla professione educativa e formativa.
Proprio l’altro giorno mi è capitato di poter sperimentare con le mie compagne di corso una metodologia formativa volta a far emergere il “pensiero laterale”. Il neologismo si deve ad Edward De Bono, scrittore di formazione medica e psicologica, che lo ha proposto come fattore fondamentale per il confronto di gruppo senza conflitti.
L’obiettivo di questa metodologia è di sviluppare la capacità di assumere un’altra prospettiva rispetto a quella che adottiamo comunemente. Nei confronti con gli altri e nell’approccio ai problemi pensiamo sempre come noi stessi, con i nostri modi e caratteristiche in maniera più o meno critica. Ebbene il fatto di poter assumere un altro punto di vista può ridare valore all’approccio critico stesso che penso sia stato svalutato e ormai banalizzato nel tempo. Difatti, “indossando” i cappelli della metodologia si ha la possibilità di impersonare un determinato atteggiamento e coglierne gli aspetti fondamentali.
È importante che tutti i partecipanti indossino tutti i cappelli per poter sperimentare i diversi atteggiamenti e quindi affrontare una data tematica – nella simulazione si sceglie un argomento, un oggetto attorno al quale discutere – secondo diversi punti di vista.
Ma quali sono e come funzionano questi sei cappelli pensati da De Bono?
Possono essere metaforici o anche materiali e si suddividono in blu, giallo, nero, rosso, bianco e verde. Il cappello blu rappresenta l’atteggiamento del direttore d’orchestra. Il suo compito è di gestione e di conduzione del gruppo, decidendo i turni di parola e quando far cambiare cappello ai partecipanti, preoccupandosi di mantenere vivo il confronto e stimolando con delle domande. Il cappello giallo ha l’atteggiamento ottimista e vede i lati positivi della tematica che si sta affrontando. Per contro il cappello nero raffigura il pessimismo nel dibattito ed evidenzia i lati negativi e perché le cose vanno male. Il cappello rosso è quello emotivo, dice le cose d’impulso e si fa dominare dalle proprie emozioni magari senza il ragionamento a porre freni. Il cappello bianco svolge il ruolo dell’imparzialità, chi lo indossa descrive la proposta tematica in maniera distaccata rispetto agli altri, senza prendere una posizione specifica. Il cappello verde rappresenta la creatività, dunque funge da atteggiamento fondamentale per il superamento dello stallo nei confronti del tema dibattuto. Da esso passa l’innovazione, la possibilità di proporre idee che non erano state pensate.
Sarebbe sbagliato pensare che basti il cappello verde per poter portare la creatività in una riunione o in un gruppo in generale. L’esperienza dei sei cappelli, difatti, cerca di distribuire tra tutti gli individui coinvolti una parte di ogni atteggiamento che si potrebbe assumere. Il fatto di proporre un giro completo dei cappelli da indossare porta ognuno a reinventarsi pessimista quando sarebbe ottimista rispetto ad un argomento. Questo non vuol dire, secondo me, dover anche inventare degli aspetti negativi o positivi quando non ce ne sono, bensì saperli ritrovare in noi stessi, al di là delle nostre posizioni o pregiudizi di partenza. La forza sta nel riuscire a non farsi totalmente condizionare dai propri valori e approcciarsi in maniera realmente critica a qualcosa.
Dall’esperienza che io e le mie compagne di corso abbiamo simulato sento di poter affermare che i risultati sanno essere sorprendenti anche per chi, come noi studenti umanistici, sentiamo ogni giorno dell’importanza dell’atteggiamento critico ma non abbiamo sempre la possibilità di sperimentarlo in questo modo. Ebbene prendendo le cose in maniera laterale, circumnavigando le sfaccettature del nostro carattere e dei nostri pensieri è possibile conoscere e vedere in modo più nitido le cose, poter tornare ad impegnarsi nella pratica riflessiva.
Ringrazio le mie compagne del corso di Scienze dell’educazione permanente e della formazione continua 2018/2019 Alma Mater Studiorum Università di Bologna.
Immagine tratta da Google Immagini
FONTI
E. De Bono, Sei cappelli per pensare. Manuale pratico per ragionare con creatività ed efficacia, BUR Biblioteca Univ. Rizzoli, Milano 2013.
http://www.umbertosantucci.it/wordpress/wp-content/uploads/2012/04/Sei-cappelli.pdf