Ci si chiede spesso se alla fine del proprio percorso accedemico si riuscirà a dimostrare ciò che si è e quello per cui si è studiato. No, non è l’incipit di un’articolo di critica sulla preparazione pratica delle Università Italiane. Il tema principale quì è che prima di iniziare a lavorare, in quel mondo bisogna entrarci; e non è semplice. Non tanto per i problemi legati alla richiesta di esperienze lavorative preliminare una volta finiti gli studi (ne parleremo), ma tanto più per una questione di inestistente equilibrio del mercato del lavoro, almeno in Italia.
I processi di recruitment & selection vengono migliorati di anno in anno, cercando, sempre più, di cogliore le individualità e specificità di ogni applicant. Ma è davvero fattibile quando ci si trova davanti a 1000 domande per 10 posizioni aperte?
Nelle organizzazioni più ambite (pubbliche e private) i tassi di accettazione sono, come nel caso di grandi studi di consulenza o organizzazioni internazionali, intorno all’1%. Significa che per ogni 100 studenti che varcano la soglia dell’ufficio HR, 1 viene assunto alla fine del processo. Per quanto una preparazione impeccabile e lo sviluppo di determinate soft skill aumentino le probabilità di successo, in gioco entrano una serie infinita di variabili che influenzano il processo.
All’estero si è data una risposta a tutto questo e si chiama Networking. Le università cercano di chiudere partnership e stabilire connessioni sempre più forti con alcune aziende, non solo al fine di convincerle ad assumere i loro studenti, ma anche e più semplicemente per creare uno spazio in cui gli studenti possano farsi notare in un ambiente rilassato ed informale. Chissà, magari riusciranno a raccogliere qualche bigliettino da visita e, perchè no, arrivare al primo colloquio potendo dare del ”tu” al recruiter.
Sfortunatamente in Italia, fatta eccezione per alcuni casi, questa pratica è sempre di più riservata ad università private e quasi del tutto assente (o male strutturata) nei restanti casi.
Come è stato già citato, non si parla solo di networking a livello studente-azienda ma anche a livello Università-Azienda, che potrebbe risultare ancora più importante. Far conoscere al mondo del lavoro quali sono le materie di studio, come queste vengono insegnate e quale sia il livello medio degli studenti potrebbe essere quella chiave di volta che convinca le imprese ad assumere nuove risorse, soprattutto per quanto riguarda la realtà delle piccole-medie imprese Italiane. Inoltre, una collaborazione più forte tra il mondo accademico e quello lavorativo potrebbe essere quel motore che spinga ad uno svecchiamento dei programmi universitari ed alla loro attualizzazione a quelle che sono le richieste del mondo del lavoro.
Immagine di Copertina: “A Friend In Need” di Cassius Marcellus Coolidge (1903)