Una lettera dal passato pt.1

Don Milani lettera ad una professoressa

Lettera ad una professoressa è un libro pubblicato, nel maggio del 1967, dalla piccola casa editrice fiorentina LEF. È scritta da don Lorenzo Milani e dagli alunni della scuola di Barbiana, una canonica del Mugello: un luogo sperduto, di poche anime.“Libretto rosso” del movimento del sessantotto italiano, manifesto di ogni insegnante democratico, Lettera a una professoressa squarciò il sistema educativo di quegli anni, dando una voce diretta e tagliente ai problemi delle realtà considerate minoritarie, quotidianamente accettate. Un pugno al cuore della discriminazione e del classismo,  che fu percepito in diversi modi: alcuni vi si immedesimarono, altri reagirono con ira e altri ancora, capendone l’intento, condivisero tale “atto di fede” verso la scuola. Le differenti reazioni dipendevano principalmente dalla posizione sociale occupata e dal percorso di riflessioni sociali che li avevano condotti fino alla Lettera.

A 51 anni dalla sua pubblicazione, è importante chiedersi se la lotta iniziata dalla Lettera possa dirsi conclusa, o al contrario ancora al suo inizio. Molti, in principio, si chiederanno se Lettera a una professoressa sia ancora attuale, e se abbia senso riflettere “sull’odierno” in riferimento a tale passato: la domanda è lecita perché la realtà a cui la Lettera fa riferimento non esiste più. Quella della scuola Barbiana era una società rurale, mentre quella di oggi è una società dominata dall’informatica e dalle telecomunicazioni. Se dal punto di vista economico Lettera a una professoressa è lontana dalla realtà come la conosciamo, da quello sociale è ancora di estrema attualità perché il contesto è cambiato di poco e, sotto alcuni aspetti, peggiorato. Abbiamo già detto che la Lettera è un atto di accusa contro l’atteggiamento della scuola classista verso i poveri, messo in atto attraverso un uso improprio del sistema dei voti e delle bocciature (per citarne alcuni). Forse oggi si boccia meno ma la richiesta di Lettera a una professoressa non è semplicemente quella di non bocciare gli studenti affinché essi possano  essere in pari con i propri compagni, ma di garantire a ciascuno la cultura e i mezzi di cui ha bisogno per essere  un cittadino consapevole.

«Per superare, dunque, questo abisso di disuguaglianza la scuola deve, innanzitutto, attuare le riforme; farlo seriamente, dicono i ragazzi di Barbiana, facendo così diventare la scuola il principale terreno della lotta di classe, l’unico, anzi, nel quale la lotta di classe abbia davvero un senso: un operaio istruito, consapevole, in grado di capire e far rispettare un contratto di lavoro, una trattativa sindacale, sta da pari a pari di fronte al padrone, ci sta da cittadino sovrano» (pag. 104).

È chiaro che vi siano ancora dei passi in avanti da fare: i tagli alla scuola fatti a favor di debito hanno ridotto il numero di insegnanti. Come può, per esempio, essere seguito il bambino immigrato da poco, col suo esiguo bagaglio di parole italiane in una classe spesso sovraffollata?  È così che il classismo di un tempo assume un volto nuovo: non più poveri relegati ai campi, a cui il privilegio dell’educazione era precluso, ma di bambini che provengono da realtà di periferie urbane fra famiglie immigrate e disoccupate. Ora come allora, tali bambini continuano ad avere grandi difficoltà nello studio a causa del contesto sociale in cui sono inseriti, dell’intricato gomitolo di lingue tra cui devono destreggiarsi, e della mancanza di una famiglia alle spalle in grado di seguirli. Ed è proprio in questo quadro che la scuola dovrebbe inserirsi come percorso di sostentamento per questi ragazzi, piuttosto che perseverare nell’atteggiamento di tribunale giudicante senza, spesso, tener conto di tante problematiche, in modo da dare ad ognuno le possibilità “fatte a misura” per poter essere ad uno stesso livello. La scuola deve essere organizzata in modo da garantire a tutti il diritto alla conoscenza.

La battaglia contro la discriminazione è forte nella Lettera, ma sarebbe riduttivo interpretarla solo come una difesa dei più deboli, o di giustificazione di studenti svogliati, incolpando la scuola. In realtà, è una battaglia più ampia per i diritti.

Non meno importante è la domanda “  Ma qual è lo scopo?”

Proveremo a rispondere a questa domanda, con l’aiuto dei ragazzi della scuola di Barbiana, nella seconda parte di questo viaggio tra le righe della Lettera.

[Immagine tratta da Google Immagini]

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