Quando ho letto l’articolo su “Il Sole 24 Ore” di venerdì 27 Luglio, un piccolo commento a fondo pagina scritto da Joseph Munyambanza, dal titolo Il futuro dei rifugiati passa dalla scuola, ho subito pensato che il tema meritasse ben più che il risicato spazio lì concesso, non solo perché ad essere insignito come uno dei migliori sistemi scolastici innovativi non è la più costosa scuola privata europea, bensì una scuola costruita da giovani volontari rifugiati in un campo profughi nel cuore dell’Africa, ma anche perché l’obiettivo stesso della educazione è totalmente ripensato, adattato al contesto e ai bisogni del territorio, primo fra tutti la cooperazione e una leadership politica che sappia unire, rendere coesi popoli in lotta tra di loro da anni, senza l’uso di una coercizione eteronoma che ha causato più danni che altro.
Il sistema scolastico integrato CIYOTA (COBURWAS International Youth Organisation to Transform Africa) è considerato uno dei più lampanti esempi di 21th Century Education: si tratta di una organizzazione no-profit su base volontaria che ha sviluppato proprie scuole con autonomi programmi educativi, ma lavora anche per promuovere e migliorare l’accesso degli studenti alle scuole statali di Congo, Burundi, Uganda, Rwanda, Sudan. La loro missione è creare pace e prosperità in una regione dilaniata da conflitti perenni, attraverso il potente strumento dell’educazione.
Nel 2005 alcuni giovani rifugiati del campo profughi di Kyangwali in Uganda hanno preso il posto delle fragili istituzioni del territorio, comprendendo come l’educazione è un elemento critico e fondamentale per la risoluzione dei conflitti e la creazione di una forte coesione sociale e hanno avuto la lungimiranza di ripensare un sistema educativo che era fortemente carente, diseguale, labile. Questi giovanissimi ragazzi hanno visto nella violenza economica, che si traduce nella forzata privazione delle risorse primarie per un popolo, come la terra e l’educazione, in primis da loro subita, la causa principale dei conflitti e del formarsi di gruppi ribelli nel territorio: il loro approccio all’educazione è innovativo e particolarmente interessante, e non potrebbe essere altrimenti, in quanto si focalizza sullo sviluppo delle competenze imprenditoriali e di leadership nel cambiamento non violento.
In linea con le tendenze dell’educazione occidentale, in un piccolo centro profughi è partito un laboratorio di sperimentazione volontaria che oggi ha raggiunto una rilevanza internazionale: più di 1000 bambini hanno avuto accesso alla scuola primaria, più di 700 alla scuola secondaria e più di 40 sono stati ammessi in Università in giro per il mondo. Un vero e proprio paradiso dell’istruzione fondato e sviluppato non grazie a ingenti e interessati finanziamenti esteri, ma grazie alle risorse dei rifugiati stessi. Nell’ottica che sta alla base di questa nuova visione educativa non ci si ferma all’offerta di una scuola di migliore qualità, con classi di alunni più contenute, ma la si completa a tutto tondo con una fattoria, un collettivo di artisti, un club letterario, un supporto alle ragazze e ai ragazzi vittime di conflitti e di maltrattamenti, una banda musicale e soprattutto la possibilità di accedere ad una sorta di microcredito, che permetta ai ragazzi che imparano a scuola le cosiddette entrepreneurial skills di metterle poi in pratica. Inoltre per permettere a quanti più bambini possibile di frequentare la scuola CIYOTA, visto anche che non esistono altre scuole nell’arco di chilometri nella zona, l’organizzazione offre dei veri e propri studentati/ostelli per chi viene da lontano. Questo aiuta i giovani a cooperare e superare le divisioni e i conflitti tribali, nella speranza che in un futuro i leader si riconoscano mutuamente come paritari e perseguano nelle loro politiche l’abbattimento di tutti gli ostacoli che rendono la regione del COBURWAS (e l’Africa in generale) ancora un Paese del Terzo Mondo. Grazie ad una spinta fortemente innovativa e che viene dall’interno, la storia sta diventando sempre più ambiziosa e i progetti di cui si occupa l’associazione sono moltiplicati: da gruppo di giovani si è trasformato in una ONG con più di 8000 volontari che condividono la più completa affezione alla questione sociale, riuscendo a portare a casa alcune importanti vittorie, come l’accesso di 10 studenti in università nazionali e internazionali e la creazione di una task force di giovani che collaborano con i governi per recuperare più di un milione di ragazzi che hanno abbandonato la scuola sparsi in più di 50 differenti tribù. I risultati raggiunti a costo zero sono enormi: la volontà e la tenacia d’animo di questi ragazzi sono oggi riconosciuti, ma dovrebbero essere presi come esempio lampante di cosa l’istruzione sia per le comunità, dalle più sviluppate a quelle che lottano con i denti per il riscatto. Da li, e solo da li, si può cominciare.
“ I programmi di istruzione gestiti da rifugiati a Kyangwali sono soltanto un esempio di quello che si può ottenere quando ai giovani si offrono gli strumenti giusti per prendere in mano il loro destino e decidere di esso.”
Munyambanza, J. (2017) fondatore di COBURWAS International Youth Organization to Transform Africa (CIYOTA).
Fonti:
Munyambanza, J. (2017) Il futuro dei rifugiati passa dalla scuola http://www.ilsole24ore.com/art/commenti-e-idee/2018-07-26/il-futuro-rifugiati-passa-scuola-212345.shtml?uuid=AELHq3SF
Sito istituzionale: http://www.coburwas.org/
https://globaled.gse.harvard.edu/ciyota
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