Una delle domande che mi sono più frequentemente rivolte da chi mi chiede informazioni sulla facoltà di Medicina è: c’è molta competizione tra gli studenti? La risposta non è poi così immediata. Sì, la competizione c’è, ma se la si vuole evitare è possibile trovare un gruppo di amici tranquillo con cui affrontare nel modo più rilassato possibile i sei anni di studio universitario.
Ma che cos’è e a cosa è dovuta la competizione? Si sente spesso parlare di “un po’ di sana competizione”, in quanto questa tende in genere ad alzare gli standard di preparazione in una scuola o in un’università. Molte volte però, soprattutto quando supera certi limiti, la competizione non è affatto sana, e anzi, oltre a minare i rapporti sociali e di amicizia può anche danneggiare la salute mentale di uno studente. Purtroppo nel sistema scolastico ci sono molti fattori, alcuni inevitabili, che promuovono lo sviluppo di una spinta a gareggiare con gli altri: nella facoltà di Medicina, ad esempio, il fatto che ogni anno i posti all’interno delle Scuole di Specializzazione siano molti meno rispetto ai candidati (si parla, nel 2018, di 6.934 posti per i 16.046 candidati).
Fare del proprio meglio, negli studi come in altri ambiti, è sempre importante, ma l’obiettivo dovrebbe essere migliorare se stessi, e non certo superare gli altri. Anche perché, oggettivamente, questo tentativo continuo di vincere (arrivando talvolta anche a sabotare i propri pari) rischia di trasformarsi nell’individualismo becero di chi non riesce a guardare al di là del proprio personale successo e a pensare anche agli interessi della società.
La competizione sarebbe veramente sana se solo si tornasse ad intenderla nel suo senso etimologico: cum petere, tendere insieme verso un obiettivo. Una competizione che sottintende quindi una collaborazione, un rendersi conto che insieme si può fare qualcosa di più grande. Per rispondere onestamente alla domanda sulla facoltà di Medicina devo dire che, oltre ad una competizione più terra terra ed individualista, ho ritrovato con gioia anche questo secondo tipo di competizione, che potremmo chiamare collaborativa (parlo di condivisione di informazioni utili, appunti, chiarimenti).
Questa competizione aspira al successo di molti e non unicamente del singolo, e penso sia auspicabile ritrovarla in tutte le scuole e negli ambienti extrascolastici. Credo che il cambiamento possa e debba partire sia dal singolo (che si deve rendere conto che esistono cose più importanti che non essere il primo ad ogni costo) sia dalle strutture scolastiche ed educative, che dovrebbero sì promuovere il merito, ma anche la collaborazione tra gli studenti. L’obiettivo di un percorso di studi non può essere solamente quello di promuovere il personale successo dello studente, ma l’inserimento di questo successo (che è pure importante e che tutti ci auguriamo di ottenere) in un quadro più ampio e collettivo.
Fonti e risorse:
https://www.quotidianosanita.it/lavoro-e-professioni/articolo.php?articolo_id=64419
Immagine tratta da Google Immagini