Una delle principali sfide del sistema educativo è quella di saper mettere nelle mani dei cittadini del futuro le lenti per poter leggere la realtà comprendendo ed apprezzando la diversità tra culture. Con il processo della globalizzazione si è infatti prodotta una linea di frattura tra coloro che ne sono rimasti esclusi e coloro che ne sono rimasti entusiasti. In questo contesto diventa quanto mai importante fornire gli strumenti per sapersi muovere nella complessità del mondo globalizzato, in cui da un lato delocalizzazioni, concentrazioni globali della ricchezza e speculazione finanziaria impoveriscono le comunità locali, ma dall’altro aumentano le possibilità di mobilità transnazionale e di sviluppo internazionale della propria carriera.
Come recita il secondo principio dell’educazione interculturale secondo le UNESCO Guidelines on Intercultural Education, “l’educazione interculturale fornisce al discente la conoscenza, l’attitudine e le competenze necessarie per un’attiva e piena partecipazione alla società globale”. Non si tratta di un semplice elemento di arricchimento personale, ma di una competenza spendibile e sempre più richiesta nel mondo del lavoro. Aziende operanti in più paesi hanno infatti un grande bisogno di persone capaci di lavorare in team multiculturali.
Le modalità con cui si possano sviluppare competenze interculturali sono molteplici e non per forza ci si deve recare all’estero. Una prima strada perseguibile è infatti quella del coinvolgimento in progetti a carattere interculturale realizzati sul territorio, come attività di volontariato in corsi di italiano a stranieri ed altri progetti di dialogo tra culture. Vi sono poi le possibilità di mobilità per studio con il programma Erasmus+ tanto alle scuole superiori (ad esempio con la mobilità VET-Vocational Educational Training) come all’università. A questo si aggiungono le opportunità di scambio interculturale offerte da AFS-Intercultura (principalmente di lunga durata) ed i programmi internazionali per l’educazione alla pace di CISV (di durata breve).
Ciò che si porta a casa da queste esperienze va ben aldilà della mera acquisizione di competenze linguistiche, in quanto la convivenza con una dimensione di diversità interculturale permette di riflettere sulla nostra stessa identità. E’ proprio così, nel conoscere culture diverse dalla nostra ci appare più evidente la nostra stessa identità, ma al contempo siamo in grado di apprezzare maggiormente la ricchezza della diversità. Un esempio su tutti: nel momento in cui iniziamo a sperimentare un sistema educativo diverso da quello italiano ci viene naturale individuare i punti di eccellenza del nostro sistema, ma anche le buone prassi adottate all’estero che vorremmo “importare” nel nostro Paese.
In ultima battuta bisogna tuttavia sottolineare un tema: nonostante le borse di studio e i contributi europei, i costi medi delle esperienze “che ti aprono la mente” le rendono spesso inaccessibili alle fasce meno abbienti della popolazione. Con la consapevolezza del valore formativo di simili esperienze, un suggerimento per i nostri governanti potrebbe essere di studiare una misura di “formazione interculturale di cittadinanza”, un rafforzamento sperimentale ed innovativo del diritto allo studio finalizzato alla formazione di cittadini che sappiano salire sul carro del mondo globalizzato del 2018. Nessuno potrebbe denunciare la natura assistenzialista della misura, perché sicuramente sarebbe un buon investimento per il futuro.