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Maturità e pandemia: come il mondo ripensa gli esami

Se è vero che a risentire delle conseguenze della pandemia sono gli studenti di ogni ordine e grado, l’impatto è forse ancor più visibile per chi si accinge a ‘chiudere il ciclo’ dell’educazione secondaria: i maturandi. Non è la prima volta che Education Around si occupa dell’esame finale, senz’altro uno dei più importanti momenti nel percorso formativo degli studenti. Esame di maturità anch’esso travolto dai burrascosi sconvolgimenti portati dall’emergenza sanitaria in Italia, in Europa e in tutto il mondo.

Interrogativi ricorrenti

Cancellare gli esami o ridurre le prove? In presenza oppure online? Tutti promossi? Sono questi gli interrogativi che, declinati secondo le specificità nazionali, si sono presentati sulle scrivanie di tutti i ministri dell’istruzione in questi giorni. Nell’affannosa rincorsa per riuscire a dare qualche certezza ai nostri cari maturandi, le autorità scolastiche dell’emisfero boreale hanno tempi molto più stretti per prendere una decisione, vista la quasi imminente fine dell’anno scolastico.

Al di là delle tempistiche e delle specificità, l’approccio dei governi verso questo tema sembra per lo più rispecchiare la dicotomia che si è imposta da qualche tempo a questa parte tra ‘i prudenti’ e ‘i (ri)aperturisti’.

La situazione in Europa

In Ungheria, tra i Paesi meno colpiti in Europa, gli studenti hanno sostenuto le prove scritte lo scorso 4 maggio e nei giorni a seguire si sono svolte le prove orali. Ingresso a scuola uno alla volta, distanziamento di almeno tre metri tra i banchi, mascherine sul volto, ma comunque parvenze di una relativa normalità rispetto a contesti che ancora non si possono permettere di abbassare imprudentemente il livello di allerta. Tra questi anche l’Italia, prima ad aver annunciato che non si ritornerà a scuola prima di settembre e dove la maturità sarà condensata in una unica prova orale in presenza.

Raggiungere un compromesso tra il bisogno di continuità educativa e la paura del contagio è l’obiettivo che si è prefissato l’Eliseo con la sua particolare decisione di riaprire le scuole francesi dall’11 maggio con un rientro “su base volontaria”. Così, non senza polemiche, gli studenti francesi non sono obbligati ma possono tornare in classe.

Con l’annuncio dell’annullamento delle prove scritte, il Baccalaureat (diploma di maturità francese) ricorrerà per la prima volta nella sua storia bicentenaria a una valutazione degli studenti en contrôle continu, ovvero basata sulla media dei voti ottenuti durante l’ultimo anno. Fa eccezione l’orale di francese, che verrà svolto in presenza. Nulla sarà come al solito nemmeno in Spagna, dove il governo ha stabilito il rinvio della Evaluación de Bachillerato para el acceso a la Universidad (EBAU) a data da definirsi.

Più variegate le situazioni delle riaperture e degli esami finali negli stati federali, come la Germania, dove la competenza in materia di istruzione è in gran parte delegata ai singoli Länder. Nonostante la riluttanza di realtà che temono il rischio focolaio, sembra essere prevalsa una generalizzata propensione a mantenere senza troppe alterazioni l’Abitur, equivalente tedesco della nostra maturità.

O meglio, mentre in alcuni Länder l’esame si è già svolto nelle date prestabilite (Berlino, Schleswig-Holstein, Sassonia, Saar), in altri le prove sono state posticipate (Renania Settentrionale-Westfalia, Baden-Wurttemberg, Brandeburgo, Mecleburgo-Pomerania Occidentale, Turingia, Baviera e Amburgo). Le impennate di contagi registrate in alcuni dei Länder dove si era svolto l’Abitur sono state inevitabilmente al centro delle polemiche ed hanno talvolta costretto a chiudere nuovamente le scuole.

Americhe e test d’ammissione

C’è poi il caso di quei Paesi, non pochi a dire il vero e soprattutto concentrati nelle Americhe, dove il ‘momento di passaggio’ non è tanto segnato da un esame conclusivo in stile maturità quanto da un test di accesso ai corsi universitari.

Negli Stati Uniti, che registrano il maggior numero di casi di contagio, i test standardizzati SAT e ACT costituiscono il rito di passaggio che normalmente permette l’accesso al mondo universitario. Tuttavia, a causa delle cancellazioni di molte sessioni, due atenei appartenenti alla Ivy Laegue, Harvard e Cornell, hanno già deciso che i risultati di SAT e ACT non saranno più richiesti ai candidati che presenteranno domanda di iscrizione.


L’inclinazione minimizzatrice del governo brasiliano di Bolsonaro trova riscontro nella sua decisione di lasciare inalterate la data e le modalità della principale porta di accesso alle facoltà, l’Exame Nacional do Ensino Médio (ENEM), calendarizzato per inizio novembre.

Così, mentre l’organo che rappresenta le autorità scolastiche locali brasiliane chiede di posticipare la data avvertendo che “le disuguaglianze nell’accesso alle università aumenteranno perché non tutti hanno le risorse per continuare gli studi durante il lockdown”, da Brasilia il ministro dell’istruzione risponde che “l’ENEM non è stato fatto per correggere delle ingiustizie”.

In Cile la Prueba de Selección Universitaria (PSU), recentemente abolita dopo esser stata tacciata di classismo nei moti di protesta del 2019, lascia il posto alle nuove Pruebas de Transición nelle quali “ci si concentrerà sui contenuti essenziali” per evitare che “gli studenti siano danneggiati da questa emergenza” – ha riferito il governo di Santiago in un comunicato.

Il caso cinese

Guardando all’Asia è bene non tralasciare il caso della Cina, Paese dal quale l’epidemia ha avuto origine. Già il 31 marzo il governo di Pechino annunciava che il Gaokao, la ‘bestia nera’ di tutti gli studenti cinesi, sarebbe stato posticipato al 7-8 luglio, un mese dopo rispetto a quanto previsto.

Gli esami arriveranno quindi dopo un lungo periodo di didattica a distanza che, anche nel contesto cinese, non ha mancato di accentuare il divario tra chi può contare su una connessione internet stabile e chi invece vive in aree remote in cui il segnale è debole.

Il sistema di punti bonus e quote gradualmente introdotto nel Gaokao per ridurre le disuguaglianze tra gli studenti delle megalopoli e quelli delle aree rurali quest’anno porterà con sé una novità legata all’emergenza sanitaria: 10 punti in più ai figli del personale medico della provincia di Hubei.

Una lezione da imparare?

Il ripensamento delle modalità con cui si svolgono gli esami di maturità e i test di accesso alle università solleva questioni sociali, politiche ed educative in tutti i continenti.

Senz’altro tra i temi di maggiore rilievo in Italia come all’estero vi sono la continuità educativa, l’accentuarsi delle disuguaglianze, la salute degli studenti e dei docenti. Ma chissà che dall’aver osservato questo affannoso muoversi in ordine sparso non se ne possa trarre una lezione per il futuro degli esami di maturità in Europa?

Data la diversità culturale che caratterizza il Continente, soluzioni radicali di standardizzazione verrebbero prevedibilmente, se non legittimamente, rifiutate. Perchè però non pensare di estendere l’effetto armonizzatore del Processo di Bologna anche al momento di passaggio tra le superiori e l’università? Nel post-pandemia rimarrà da capire se questa tempesta sarà riuscita soltanto a tramortire o anche a fortificare i 27 sistemi di istruzione dell’Unione.


Altre fonti

https://it.euronews.com/2020/04/20/covid-19-in-europa-tutti-di-nuovo-a-scuola-ecco-come

https://www.liberation.fr/france/2020/05/11/non-le-protocole-sanitaire-ne-pourra-pas-etre-respecte-a-la-lettre-dans-les-ecoles_1787966

Immagine: A female student wearing a protective face mask to help curb the spread of the new coronavirus checks temperature of her classmates at a high school in Wuhan in central China’s Hubei province, Wednesday, May 6, 2020. Senior students returned to classes on Wednesday in the central Chinese city of Wuhan, the epicenter of the coronavirus pandemic, after no new cases or deaths were reported from the outbreak that had prompted a 76-day quarantine in the city of 11 million. (Chinatopix via AP)

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