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Didattica digitale: è un “balzo in avanti”?

Tra le incertezze sull’andamento della pandemia e alcune sporadiche chiusure, Skytg ne conta già 114, la scuola è ripartita da ormai più di due settimane, poiché in qualità di istituzione fondamentale della vita democratica di un paese, la scuola non può fermarsi; allo stesso modo non si è fermata durante i momenti peggiori della pandemia, quando nelle scuole italiane si è attivata la didattica a distanza (DAD). Questa, introdotta in un momento emergenziale, era dettata dalle circostanze e nessuno si augura un futuro distopico in cui la scuola smetta di essere un luogo fisico di incontro e di scambio diventando solamente un aggregatore digitalizzato al quale ognuno accede dal proprio domicilio. Nell’ottica di una cauta ripresa, si prospetta un passaggio dalla DAD alla didattica digitale integrata (DDI), ovvero ampliare l’utilizzo delle piattaforme elettroniche per l’educazione, sia nei momenti in presenza sia nei momenti di studio individuale. Emerge chiaramente la volontà ministeriale di innescare un rapido processo che informatizzi le scuole italiane, per non sprecare l’esperienza accumulata durante i mesi in cui il passaggio al digitale è stato una tappa obbligata. Il progetto fortunatamente non si fonda su una precedente assenza di esperienze nella didattica digitale, ma si fonda sull’espansione di attività già presenti a livello nazionale grazie all’impegno dell’Istituto Nazionale Documentazione Innovazione Ricerca Educativa (INDIRE).

Le politiche ministeriali

Per far ripartire le economie nazionali l’Unione Europea ha stanziato un fondo, il cosiddetto “Recovery Fund”, nella cui cornice si inseriscono le “linee guida per la definizione del Piano nazionale per la ripresa e la resilienza”, documento che si prefigge tra i propri obiettivi quello di creare “un paese completamente digitale”. È qui che si inseriscono le dichiarazioni del ministro all’istruzione Lucia Azzolina, le quali hanno sancito un’attenzione particolare all’implementazione della tecnologia anche nel mondo della scuola. Le misure previste sono programmate principalmente su tre livelli: amministrativo, strumentale e didattico. Il primo è poggia sul rendere gli uffici più efficienti migliorando l’uso delle ICT. Il secondo si impernia sull’introduzione dei “Digital Labs”, uno per ogni istituto di istruzione secondaria di secondo grado presente in Italia, ma anche sugli investimenti nel fornire il supporto elettronico agli studenti che non ne abbiano già accesso. Infine si spinge sull’introduzione della DDI, segno di ciò è la rinnovata attenzione rivolta ai docenti impegnati nella formazione iniziale e tirocinio (FIT) di implementare le proprie competenze digitali, preparandoli alla DDI attraverso un percorso offerto da INDIRE.

L’Italia dell’innovazione

Nel 2014 INDIRE e 22 scuole capofila creano Avanguardie Educative, un movimento che si riunisce attorno ad un manifesto, recante lo stesso nome, che vede al secondo punto il tema della digitalizzazione della scuola: “sfruttare le opportunità offerte dalle ICT e dai linguaggi digitali per supportare nuovi modi di insegnare, apprendere e valutare”. Durante i giorni concitati di inizio lockdown alcune scuole, attualmente il movimento ne conta 800 impegnate ad implementare una o più soluzioni proposte, si sono ritrovate ad avere già una struttura digitale da utilizzare, grazie alla quale esisteva già un’abitudine ad utilizzare le piattaforme sia da parte degli insegnanti che degli studenti.
La presenza stessa di un progetto e di scuole che ne avessero già implementato degli aspetti è stata di aiuto a tutto il sistema scolastico, dal momento che fin dal primo momento della didattica a distanza INDIRE si è attivata per mettere a sistema le buone pratiche attraverso webinar, documentazione e strumenti sul proprio sito. Il documento “La scuola fuori dalle mura” esemplifica il sostegno che è stato dato a chiunque si stesse approcciando ad un sistema nuovo di fare didattica mediante un’attenta analisi della situazione e fornendo un framework per l’implementazione della DAD. Nelle linee guida sulle trasformazioni che dovevano investire la didattica, dalla trasmissione del sapere alla valutazione, il documento forniva le risposte che sono sorte in molti educatori impegnati nel mantenere forte la relazione educativa con i propri studenti.

Funzionerà?

Non è mistero che le politiche top-down non sempre riescono a portare i frutti sperati dal legislatore, però a fianco di un’istanza da parte del ministero, esiste un movimento dal basso composto dalle scuole che già partecipano a programmi di innovazione della didattica. Giustamente potremmo notare che nel sistema Italia, il quale conta più di 50.000 scuole, il gruppo di aderenti ad Avanguardie Educative risulta statisticamente poco influente.
D’altro canto, come sottolineano spesso i ricercatori di INDIRE nell’ambito della formazione per la DDI, la vera istanza dal basso è quella degli studenti che necessitano di un’educazione che sia al passo con i tempi, che ponga la giusta attenzione sulle tanto discusse competenze digitali. Naturalmente non possiamo aspettarci che l’anno scolastico corrente veda una trasformazione radicale della scuola, ma la volontà di far partire l’innovazione sembra più forte che nel passato, sperando non venga associata alla negatività del fattore che ha dato vita a questo cambiamento. Anche se i “Digital labs” dovessero rimanere fermi, rimane la necessità di competenze avanzate che, senza una trasformazione dei programmi scolastici, risultano difficili da raggiungere. Si tratta comunque di un segnale positivo: a volte, per creare la domanda – in questo caso bisogni educativi – occorre creare prima l’offerta.

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