Tirocini in medicina: un’opportunità formativa.

Quando, ci si può finalmente immatricolare al corso di laurea in Medicina e Chirurgia, dopo aver superato con successo il test di ammissione, è facile immaginarsi già con indosso il camice bianco, ad attraversare a grandi passi i corridoi dell’ospedale. Siamo letteralmente bombardati, e non solo in quest’epoca di pandemia, dalla figura del medico come personaggio d’azione, che ci arriva da film, racconti e decine di serie televisive; ma prima di arrivare a specchiarsi in questo ideale collettivo, il medico deve interpretare un ruolo diverso, quello dello studente chino sui libri.

Questo chi studia medicina lo scopre presto. E dopo un paio d’anni trascorsi sfogliando pagine e pagine di fisica, biochimica ed anatomia, spesso si chiede sconsolato quando arriverà il giorno in cui finalmente potrà vedere un paziente. In realtà, la risposta a questa domanda non è uguale per tutti; infatti, l’organizzazione dei tirocini (la data di inizio, la durata e la scelta dei reparti frequentati) è largamente a discrezione del singolo Ateneo, con notevoli discrepanze tra una sede e l’altra.

In genere, comunque, l’inizio non avviene prima del terzo (a volte quarto) anno di studi, giusto in tempo per far ritrovare una motivazione che, dopo tanta teoria, potrebbe essersi smarrita.

Ma in che cosa consiste il tirocinio?

Anche per questa domanda la risposta è: dipende. In questo caso non solo dall’Ateneo, ma anche dal reparto che ci si ritrova a frequentare, e dalle persone (primario, medici strutturati e specializzandi, infermieri) che si hanno di fronte. In questo, i tirocini a Medicina sono molto diversi da quelli degli altri corsi di laurea sanitari, dove le ore di pratica vengono in genere contate in modo più preciso, e gli obiettivi sono più chiari (per fare un esempio, uno studente di Ostetricia in genere deve partecipare ad un certo numero di parti).  Purtroppo (o per fortuna) a Medicina invece c’è poco di standardizzato; ci sono in genere delle abilità di base che ogni studente deve acquisire nel corso del tirocinio, ma non molto altro.

A volte ci si ritrova a non sapere bene cosa fare, o si arriva in un reparto dove ci si accorge di dar quasi fastidio e dove lo studente è invitato (più o meno espressamente) a tornarsene a casa a studiare; altre volte invece (la maggior parte, nella mia esperienza) il tirocinio è un’esperienza intensa di formazione, dove non solo si imparano nozioni diverse da quelle che si studiano sui libri, ma dove soprattutto si apprendono pian piano le piccole cose, quelle che poi fanno davvero la differenza: come approcciarsi al paziente, come cercare di vincere la naturale timidezza iniziale, come porre le domande nel modo giusto.

Dal punto di vista strettamente pratico, spesso lo studente di Medicina ha un po’ le “mani legate” da questioni più che altro organizzative e, soprattutto, assicurative. Se non è previsto che lo studente esegua una certa manovra (banalmente, un prelievo di sangue venoso), in molti reparti non è possibile svolgerla, proprio perché l’assicurazione del tirocinante non copre quel tipo di attività.

La stessa regola vale per lo svolgimento di tirocini al di fuori dei policlinici universitari o di ospedali comunque “convenzionati” con l’Università stessa; frequentare altri centri non è in genere possibile, o richiede la stipulazione di un’assicurazione privata, pagata dallo studente. Nella maggior parte dei casi, queste esperienze di tirocinio non vengono poi riconosciute dal corso di studi (fanno eccezione, ovviamente, tirocini frequentati nell’ambito di programmi come l’Erasmus). Non per questo quelli      non riconosciuti sono esperienze infruttuose, anzi:      spesso frequentare ospedali periferici o strutture sul territorio, dove non ci sono altri studenti, permette di essere seguiti individualmente e di scoprire realtà diverse.

In ogni caso, che siano svolti all’interno o oltre i confini del mondo universitario, i tirocini sono una parte fondamentale della formazione del futuro medico. Non solo, come già detto, permettono di acquisire conoscenze e competenze altrimenti inaccessibili, ma danno anche l’opportunità allo studente di proiettarsi nel suo futuro lavorativo e di capire per cosa si è portati e quali sono le proprie preferenze. Quello della medicina è un mondo vastissimo, e anche se il corso di laurea è forse uno dei più professionalizzanti in assoluto, il lavoro del medico ha centinaia di declinazioni e sfaccettature, che non è possibile conoscere se non con l’esperienza sul campo.

Per questi motivi, nei Ranking 2021 (link) abbiamo deciso di dare un peso significativo alla voce “tirocini”, che vale il 18% del punteggio totale per il corso di laurea in Medicina e Chirurgia. Il consiglio è quello di informarsi sempre su come vengono svolti i tirocini presso l’Ateneo che si intende frequentare, perché una buona o cattiva organizzazione possono fare la differenza.

Da un anno a questa parte, lo svolgimento dei tirocini è un qualcosa che non può più essere dato per scontato, e forse proprio per questo ci si rende ancora più conto dell’importanza di questa parte della formazione. A febbraio 2020, la frequentazione dei reparti da parte degli studenti di Medicina è stata bruscamente interrotta, a causa della pandemia e dei rischi di contagio. Alcuni tirocini, necessari per poter conseguire la laurea in tempi brevi, sono stati svolti in modalità online; e, se sussistono dubbi sulla didattica a distanza per le lezioni di teoria, lascio all’immaginazione del lettore la validità di una formazione pratica eseguita da casa. Ovviamente quella di sospendere le attività in presenza, come per tutti gli altri settori dell’apprendimento e della formazione, è stata dettata da motivi contingenti e di eccezionale gravità; tuttavia, anche in tempi successivi, la ripresa delle attività di tirocinio non è stata semplice, né, spesso, ben coordinata. Anche qui, grande libertà è stata lasciata al singolo ateneo.

Ad oggi ci sono sedi in cui gli studenti svolgono regolarmente il tirocinio (utilizzando naturalmente gli adeguati dispositivi di protezione e alcuni accorgimenti ulteriori, come l’esecuzione periodica di tamponi o, quando possibile, la vaccinazione), mentre in altre città molti tirocini sono ancora svolti in modalità a distanza, con un’importante perdita dal punto di vista della formazione dei futuri medici.

Concludendo, sicuramente questi tempi difficili ci hanno fatto riscoprire l’importanza di tante cose. Parlo degli abbracci, della presenza fisica dell’altro, della libertà di movimento, ma anche di forti esperienze formative che fanno un po’ da ponte tra il mondo dell’Università e quello del lavoro. I tirocini, quando fatti bene (ben organizzati, ma anche vissuti con lo spirito giusto), ci permettono di scoprire molto sul lavoro del medico, sul contatto con le persone e, addirittura, perché no, su noi stessi: su quello che ci piace fare, su quello che siamo più portati a fare, su ciò che invece proprio non fa per noi. L’invito è quindi quello di dare importanza al fattore tirocini nella scelta di una sede dove calcare per la prima volta i corridoi dell’ospedale con indosso l’agognato camice bianco.

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