Di Anna Caruso e Valentina Rossetto
Incontro tra comunicazione e formazione
Il profondo legame che unisce comunicazione e formazione spiega quanto sia naturale il cambio di passo di quest’ultima, alla luce dell’evoluzione dei ‘processi comunicativi’ che ormai da diversi anni si stanno muovendo lungo direzioni digitali. Nel termine comunicazione, infatti, è etimologicamente compresa l’unione tra trasmissione e coinvolgimento da un lato e condivisione dall’altro. Comunicare presuppone uno scambio tra emittente e ricevente e una tendenziale simultaneità tra la trasmissione di un contenuto e la risposta, che può manifestarsi attraverso feedback di vario genere.
Alla luce dell’intento proprio di questa rubrica ci interessa indagare alcune forme di comunicazione – e quindi di formazione – e conseguente apprendimento, che sono nate in quanto naturali adattamenti all’incalzare sempre più evidente del digitale. In particolare, il ruolo che i social network hanno acquisito nella sfera sociale ha gradualmente e necessariamente cambiato il nostro modo di comunicare, tanto che i media tradizionali si sono dovuti a dir poco rivoluzionare.
A favorire e a influenzare tali cambiamenti ancora in corso è stata certamente una specifica forma di comunicazione, quella pubblicitaria, che negli anni ha inciso molto più del percepibile. Essendosi infatti imposta come forma paradigmatica, la comunicazione pubblicitaria ha dettato tempi e modi: economizzare il più possibile per arrivare al destinatario in maniera efficace ed efficiente. Tempi ridotti e risultati immediati. Il massimo successo con il minimo sforzo, ovvero una comunicazione matematica.
Il digitale ha permesso anche l’abbattimento di eventuali barriere fisiche all’immediatezza di questa forma di comunicazione, velocizzando sia le modalità di espressione dell’emittente che i tempi di ricezione e risposta del destinatario.
Il mezzo è divenuto, quindi, più importante di quanto effettivamente si possa avere coscienza.
Rendiamo merito ai social?
Per mezzo intendiamo lo strumento per eccellenza delle nostre differenti modalità di comunicazione, ovvero i social media. Oltre al mero fine dell’intrattenimento, queste piattaforme hanno allargato gli orizzonti e modellato le forme di comunicazione e formazione preesistenti. Lo hanno fatto proprio con quella immediatezza e velocità di cui sopra, con la consapevolezza che i destinatari si sono perfettamente integrati in una società che tende sempre più a demonizzare lentezza e noia.
I social hanno permesso la nascita di una comunicazione che si fa formazione immediata e intuitiva, spesso ‘in pillole’.
Col tempo sono cambiate le modalità: nel decennio scorso, ad esempio, i blog vincevano a mani basse. Oggi, invece, ci siamo ulteriormente accelerati e preferiamo le newsletter, tanto meglio se poco organiche, quindi costruite con tanti piccoli spunti e senza eccedere nell’articolazione dei contenuti. Al canzonato Facebook, intorpidito da un pubblico che è con un piede ancora all’analogico e l’altro che prova a trovare terreno stabile sul digitale, preferiamo i 15 secondi delle storie di Instagram o gli spunti offerti dai reels o dai video di TikTok. Sono nate così delle interessanti forme di comunicazione, che hanno permesso la nascita di contenuti a scopo non solo informativo, ma anche appunto comunicativo, educativo e formativo, non tanto volti alla quantità, quanto alla qualità. Almeno in teoria. E, in un’epoca che sembra fondarsi sull’accumulo spasmodico di dati, senza badare troppo alla qualità, un potenziale ‘successo’ di questo tipo non è da sottovalutare.
Il micro-learning
Considerato quanto fin qui evidenziato, anche la formazione tradizionale si è dovuta adattare, ragionevolmente con le sue modalità, ma prendendo spunto dalle nuove forme di comunicazione. L’apprendimento in pillole, ad esempio, è sbarcato nei più disparati contesti formativi, dalla scuola alle aziende, e ha fatto del suo essere smart e micro la soluzione a problemi quali la possibile perdita di attenzione o la mancanza di tempo di cui siamo costantemente vittime e carnefici.
L’e-learning
Ancora prima e con risonanza ben più ampia, l’e-learning ha preso piede nel mondo della scuola e degli istituti accademici, ma soprattutto si è imposto come principale strumento di aggiornamento, che sia professionale, dilettantistico, associato a percorsi di formazione canonici o anche (vivaddio!) fine a se stesso.
L’e-learning, infatti, è altamente versatile: prevede una formazione a distanza, sincrona o asincrona, quindi gestibile in autonomia. Una formazione che potremmo definire agile, caratterizzata da una grande quantità di materiale multimediale, di test finali e intermedi per la verifica dell’apprendimento in corso. Inoltre, è sempre prevista la possibilità di confronto e di interazione, grazie a piattaforme pensate per collaborare.
Alla luce di tutto è chiaro, dunque, che tali forme di comunicazione e formazione nate grazie al digitale non creano limiti di spazio e tempo. E non lo fanno in un’ottica di lifelong learning, che è la nuova frontiera dell’apprendimento, e ci piace così.
Glossario:
Lifelong learning: apprendimento permanente o continuo, ovvero costante aggiornamento delle proprie conoscenze e competenze, che sia per puro interesse, per scopi personali e/o professionali. È l’apprendimento che dura tutta la vita, si mette in atto con diverse modalità e acquista molteplici forme.
Bibliografia:
Adriano Fabris, Etica della comunicazione, Carocci editore Roma 2019.
Dario Coppola, Paolo Nicolini (a cura di), Comunicazione e processi di formazione, FrancoAngeli Milano 2009.
Marshall McLuhan, Quentin Fiore, Il medium è il messaggio, Corraini Edizioni Mantova 2011.