Imparare a guardare: la scuola e l’immagine

Se c’è un trend chiaro nello sviluppo recente della società occidentale è l’incremento esponenziale della produzione e della fruizione di immagini. Giorno dopo giorno, aumenta il ritmo di uscita di film e serie tv, aumentano i trailer e le piattaforme su cui trovarli. Aumenta anche la quantità di immagini al loro interno: con la tecnologia 4k, 4 mila pixel e fino a 48 fotogrammi al secondo (ben più di quelli che l’occhio può vedere), e aumenteranno nel prossimo futuro (16k entro il 2020, pare). Aumentano le foto che scattiamo, perchè le fotocamere non hanno più rullini e sono integrate in quegli apparecchi con cui una volta si chiamava e si scriveva e si giocava a snake, che di fotogrammi al secondo ne ha un paio. Aumentano le immagini che condividiamo, su quei social che erano nati per condividere opinioni che se oggi non sono brevi e non hanno una immagine allegata non legge nessuno. Aumenta il ritmo con cui ci scorrono davanti: pochi secondi e via alla successiva.

Diversi critici dicono che siamo nella società dell’Immagine. Non so, sicuramente siamo nella società delle immagini. Un intellettuale raffinatissimo, Walter Siti, dice che anche la prostituzione oggi non è più scambio di prestazioni ma di immagini (di sé) tramutate in moneta riconosciuta universalmente. È questa una qualità che deve far riflettere: non esistono immagini neutre, ogni immagine implica il trasferimento di un messaggio, anche inconsciamente. Eco diceva che molti dei film comuni sono pornografici, nel senso che senza un valore artistico sono costruiti solo per catturare lo spettatore ed il suo desiderio. Zizek, ancora meglio, dice il cinema è la più perversa delle arti: “non ti dice cosa desiderare, ma come desiderare”. Allora la domanda è: siamo noi capaci di guardare? Di distinguere il film (o il post, o lo snap) pornografico da quello contenutistico? Di imparare come desiderare? E non si potrebbe, a scuola, ragionare – senza la pretesa che si possa insegnare – su come si fa a guardare? Sarebbe questa una vocazione propriamente umanistica, non relegata alla Storia dell’Arte, ma affrontata dalla Filosofia e dalla Letteratura a loro volta. In piena Mostra della Fotografia Europea 2018 a tema Rivoluzioni, non sarebbe una vera rivoluzione se in una classe, professori e studenti, nell’inferno del bombardamento immaginario quotidiano, cercassero insieme di capire “ciò che inferno non è, e farlo vivere, e dargli spazio”?

– L’Intervallo di Alessandro Storchi

Immagine di copertina: Convergence di Jackson Pollock (1952).

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