Educare al desiderio: intervista a Gabriele Laffranchi

Fino al 20 ottobre sono aperte le iscrizioni alla lezione inaugurale del Concorso nazionale di filosofia per scuole superiori, Romanae Disputationes [RD]. Il Concorso coinvolge migliaia di studenti e docenti di tutta Italia in un progetto di apprendimento innovativo attorno a un tema annualmente proposto. Per RD2019 il tema sarà: “Un extrême désir – Natura e possibilità del desiderio”.

Ne abbiamo parlato con Gabriele Laffranchi, studente universitario presso l’Università Ca’ Foscari di Venezia, che lavora per RD da diverso tempo.

1.Innovazione: sembra essere la parola del nostro secolo, il discriminante tra un’iniziativa di successo e una buona idea che, però, non trova terreno fertile nella pratica. Uno dei settori in cui si utilizza di più questa parola è l’educazione, l’istruzione: in che misura Romanae Disputationes inietta energia nuova nel sistema scolastico ed educativo italiano?

L’innovazione non può essere un concetto assoluto, ma è una richiesta che viene dalla società che cambia e chiede nuovi metodi per interpretare e innestare la tradizione nell’esperienza concreta delle persone.

Nel caso di Romanae Disputationes tutto è nato dall’intuizione chiara e coraggiosa di un giovane professore, Marco Ferrari, che ha sentito l’esigenza per se e i suoi studenti di non ridurre l’attività scolastica in un apprendimento ripetitivo, ma di viverla nel confronto con i grandi temi filosofici in dialogo con i maestri del mondo accademico.

La rivoluzione che accade ogni anno è quella di una comunità di studenti e docenti che si riconosce bisognosa di essere messa in discussione attraverso la riflessione personale e l’elaborazione creativa.

2. Con la cultura non si mangia”, “la filosofia è un lusso che non tutti si possono permettere”, “Meglio fare, che stare a pensare”: sono solo esempi di quanto si sente dire quotidianamente. Perché investire le vostre energie e chiedere a giovani studenti di investire le loro nella filosofia? Si tratta davvero di un esercizio da poltrona?

La filosofia non è esercizio intellettuale, ma è profondità personale. Il percorso che ogni anno intraprendiamo e il lavoro in cui ci coinvolgiamo è sempre confermato dall’entusiasmo e dalla ricchezza che i ragazzi vivono. Tante volte mi è capitato di incontrare universitari di giurisprudenza, economia, ingegneria o medicina che hanno partecipato alle RD e vedere in loro ancora vivo il ricordo dell’esperienza fatta. Sono tutti riconoscenti di aver avuto l’opportunità di riflettere aldilà dei luoghi comuni sulle tematiche più importanti e urgenti che la vita dell’uomo e della società ci pongono.

Ancor più nel mondo tecnocratico di oggi, crediamo fortemente nel bisogno di educare i più giovani al pensiero critico di ciò che ricevono o che subiscono a loro insaputa. La consapevolezza a cui il lavoro filosofico può portare sarà per loro una preziosa indicazione di metodo per il compimento libero della propria persona.

3. L’Università è spesso accusata di essere un’accademia chiusa in se stessa, senza la capacità – o la voglia – di comunicare con il mondo esterno, con la società civile, con le persone che ogni giorno lavorano, pagano le tasse e sostengono il mondo dell’alta formazione. Rimettere in contatto gli studenti delle scuole secondarie di secondo grado e studenti e professori delle università, secondo te, può essere un’occasione per superare questa (come tante altre) dannosa divisione in mondi autonomi che, in fondo, autonomi non sono?

Uno dei più gravi errori vissuti dall’università è la perdita della propria identità originaria in tanti suoi aspetti, a partire dall’unità del sapere fino al servizio che dovrebbe rappresentare per la società. Romanae Disputationes si propone proprio di rimettere in dialogo il mondo scolastico e quello universitario. Attraverso le videolezioni che vengono pubblicate settimanalmente sul canale YouTube (già presenti quelle di Sini, Muller, Marassi e Gentili per l’edizione RD2019), i convegni regionali e gli eventi nazionali (la lezione inaugurale in ottobre e la convention finale a marzo), desideriamo portare i professori dell’accademia in dialogo con i più giovani e donare agli studenti la possibilità di seguire dei maestri nel vaglio critico della tradizione e nella formazione della loro identità.

4. Sei un giovane studioso di filosofia, hai esami da fare e tesi da scrivere; l’istruzione in italia sembra un conglomerato di sabbie mobili da cui non si riesce ad uscire. Ciò detto, perché presti servizio per Romanae Disputationes? In fondo: perché credi ancora nell’esigenza, profondamente filosofica, di prodigarti per “cambiare le cose”?

È il terzo anno che collaboro attivamente nel costruire questo progetto sotto tanti punti di vista. Tutto è cominciato proprio dal mio desiderio di lavorare, una volta finita l’università, nel mondo dell’istruzione. La missione affidata alla scuola è tra le più importanti: donare a tutti la possibilità di essere se stessi. Il compito educativo non può essere ridotto all’apprendimento di nozioni in classe, ma deve vivere in una relazione di sincera stima e condivisione. Per questo quando ho incontrato Marco Ferrari e ho conosciuto le Romanae Disputationes non esitato ad implicarmi nel progetto letteralmente giorno e notte.

Il bisogno di cambiare le cose, come dicevamo, non è assoluto, ma relativo al fatto che è la realtà che ci circonda a cambiare. La sfida più bella per noi è interpretare il momento storico che stiamo vivendo con l’attenzione a ciò che la storia del pensiero ci ha tramandato, per poi vivere l’esperienza del sorgere di una nuova consapevolezza. Per questo non ci tiriamo indietro davanti alle difficoltà che incontriamo e alle domande più ardue che emergono, chiedendoci quest’anno insieme a migliaia di studenti e docenti di tutta Italia: “noi chi siamo e cosa desideriamo davvero?”

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