“ Quando l’educazione fallisce nell’intento di restare al passo con la tecnologia, il risultato è la disuguaglianza”, queste sono le parole con cui The Economist apriva il suo report sul Lifelong Learning nel 2017. L’argomento, di cui si sente parlare dalla nascita dei primi laboratori di AI (artificial intelligence) risponde alla necessità di una “education revolution” nell’era della robotica e dell’intelligenza artificiale.
Ma facciamo un passo indietro; cos’è il lifelong learning?
Si tratta della capacità, auto sviluppata, di implementare le proprie conoscenze e competenze in modo da accrescere le proprie skills e le proprie opportunità. Aiuta lo sviluppo dal punto di vista professionale e personale impedendoci, così, di arrivare ad un punto di saturazione.Nell’era dell’industria 4.0 e della digital innovation diventa quasi un obbligo rispondere all’evoluzione, a cui stiamo assistendo, dei profili professionali e delle competenze, partendo dal mondo della formazione, che è la chiave per affrontare, con successo, una spinta innovativa di tale portata. Nell’era dei big data, dal momento che la conoscenza diventa obsoleta molto velocemente, bisogna rivedere il modello di apprendimento a cui siamo abituati, poichè la formazione “deve durare una vita intera”. Come è emerso dalla settima edizione dall’Osservatorio HR Innovation Practice del Politecnico di Milano, in cui si è parlato di formazione, ed è risultato che il 97% dei referenti HR sostiene che nei prossimi due anni tutte le persone dell’organizzazione dovranno adeguare le proprie competenze[…] Tra le competenze digitali, servono soprattutto la conoscenza di applicazioni Social, Mobile, Cloud, Analytics, ma anche le digital soft skill, la cui rilevanza aumenterà nei prossimi due anni per il 57% del campione.[…]. Le principali modalità formative per l’aggiornamento saranno: i corsi di formazione aziendali (67%, già in uso), il confronto tra colleghi (37%) e, con una percentuale sempre più in crescita, l’utilizzo di piattaforme online come Coursera, TED, youtube e simili (30%).
Risulta evidente l’esigenza di affiancare a corsi interni il digital learning, che diventa un mezzo “su misura” per accelerare il processo aggiornamento ormai indispensabile per l’industria 4.0.
Il concetto di continous learning si può riassumere in due nozioni: adattamento e scalabilità. L’adattamento può riguardare, a sua volta, due sfere, tanto per fare un esempio, sia quello personale, che quello scientifico. Nel primo caso, un approccio di tipo CL “ai cambi di programma” comuni nel corso del tempo, permette di reinventarsi e reinserirsi in nuovo contesto, scongiurando il pericolo di essere tagliati fuori da una fetta importante della società. Nel secondo caso, invece, un’importante applicazione del CL è relativa all’ambito dell’intelligenza artificiale; per dirla in breve, all’interno di uno scenario in cui la distribuzione dei dati rimane la stessa, ma i dati continuano a “scorrere in entrata”. Il discorso è chiaro, a meno che non si creda che si possa limitare l’universo in un numero finito di variabili, che è possibile elaborare in modo deterministico, non c’è via di scampo: è necessario continuare ad adattarsi.
Dall’altro canto, la scalabilità, generalmente intesa come la capacità di mutare le proprie prestazioni, in funzione delle necessità, e anche in questo caso la dinamica trova applicazione sia sul piano della propria “appetibilità industriale”, che sul piano dell’informatica e del modo dei computer di rispondere a determinate esigenze in fatto di dati.
Concludendo, diventa quasi banale affermare quanto sia importante porsi in modo attivo nei confronti della formazione, senza adagiarsi in una comfort zone, in un mondo in cui i computer ci sfidano ad implementare, in continuazione, le nostre capacità…nel caso si voglia evitare un futuro post apocalittico in cui ad avere il comando saranno i computer (just kidding).
[Immagine di copertina: The Economist, Lifelong Learning, Gennaio 2017]