In uno dei nostri ultimi articoli si è parlato di futuro e dell’assillante domanda “Che cosa vuoi fare da grande?”. L’interrogativo sa essere problematico, non apre sempre ad una risposta immediata e può creare disagio e far emergere tutte le nostre incertezze.
Qui vorrei proporre il caso di chi in questa domanda si è perso, l’ha rifiutata voltando la testa o si è sentito sempre più in una condizione di impotenza. Il termine Neet (Not Education, Employment or Training) fa riferimento proprio a quei giovani tra i 15 e i 29 anni che non studiano e non lavorano. Vi è chi ha abbandonato prematuramente gli studi, chi non li ha proseguiti dopo il diploma e chi dopo vari tentativi si è rassegnato e ha smesso di cercare. Sono complici un modello di alternanza scuola-lavoro lento e spesso e mal progettato, le condizioni economiche famigliari che aprono al tema della mobilità intergenerazionale, ovvero alla probabilità che provenendo da un ceto basso sia difficile scalare socialmente, infine il fatto che vede il nostro paese come uno degli ultimi per quanto riguarda l’età d’uscita dalla casa dei genitori.
I casi che vanno a formare questa categoria sociale possono essere svariati ma il segnale e il messaggio che offrono sono sempre gli stessi, ovvero un problema nel contesto educativo, in particolar modo nel passaggio al mondo del lavoro.
La tematica è seria e dovrebbe essere all’ordine del giorno in ogni agenda politica poiché non si traduce solo in una sigla riferita ad un fenomeno sociale di una ristretta minoranza, bensì coinvolge 2.110.000 di persone solo nel nostro paese, in Italia (Istat, 2012). Questo dato si traduce nel 22,1% di giovani tra i 15 e i 29 anni che sono da considerarsi dei Neet e penso che sia una percentuale preoccupante per quanto riguarda la nostra organizzazione sociale, lavorativa nonché economica.
Ebbene, come per ogni fenomeno sociale, gli effetti provocati ricadono anche sulla dimensione economica convertendosi in un costo per il paese. Secondo il rapporto OCSE-PIAAC 2014 il costo dei Neet per l’Italia è di 26 miliardi l’anno, un altro dato che evidenzia l’urgenza nell’affrontare questo problema viste le tante notizie e discussioni riguardo alla disoccupazione giovanile accompagnate da politiche incentrate su altre questioni.
Nella figura successiva è mostrato il dato sui Neet negli anni in Italia e in Europa e la scomposizione tra disoccupati e inattivi del nostro paese.
Immagine tratta da https://www.adviseonly.com/blog/economia-e-mercati/grafico-della-settimana/boom-dei-neet-in-italia-ecco-chi-sono/
In conclusione penso che il fenomeno indicato debba essere di dominio pubblico e facente parte della consapevolezza di chiunque sia attivo in termini di partecipazione civica e politica. L’educazione e la formazione devono essere pensate non solo in termini funzionalistici bensì ripensare il senso e le possibilità che possono effettivamente offrire con modelli di alternanza scuola-lavoro che diano nuova dignità ad entrambe le dimensioni quali quella scolastica e quella lavorativa. Quel 22,1% di giovani, detto da un giovane che si sta costruendo il suo percorso e sta interrogando il mondo e le cose, penso debba essere recuperato, riqualificato e non abbandonato ad una statistica rassegnata.
[Immagine tratta da Google immagini]
Fonti:
http://www.isfol.it/piaac/Rapporto_Nazionale_Piaac_2014.pdf