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Perché dovremmo tutti imparare a negoziare?

Nel mondo lavorativo con i colleghi o con i responsabili, in casa con i famigliari o con i vicini, con gli amici, con i proprietari dell’hotel dove state soggiornando: in qualsiasi contesto quotidiano, anche più volte al giorno, siamo costretti a negoziare con altre persone.

Negoziare non significa solo contrattare un prezzo più ragionevole per la borsa al mercato, ma significa convincere il proprio capo di meritare un aumento di stipendio o la responsabilità di un nuovo progetto, persuadere i vicini che il volume di musica è troppo alto, decidere insieme al proprio compagno dove trascorrere le prossime vacanze e via dicendo. Significa affrontare (o evitare a volte) una qualsiasi conversazione in cui le parti sostengono posizioni differenti, nascondendo ad un livello più profondo interessi sia divergenti che convergenti, al fine di trovare una soluzione di accordo.

La soluzione di accordo può essere un compromesso, in cui nessuno dei due ottiene veramente quello che vuole, ma entrambi ne ottengono almeno una parte; può essere una sconfitta, se non si ottiene niente dalla negoziazione e “la si dà vinta” alla controparte; o può essere una vittoria se invece accade il contrario. La soluzione migliore sarebbe invece la cooperazione, che presuppone un lavoro di collaborazione tra le parti che mettono da un lato le loro posizioni e si focalizzano sugli interessi, inventando insieme una soluzione comune che permetta a entrambi di soddisfare i propri bisogni. La cooperazione è una soluzione cosiddetta win-win nella Teoria dei Giochi, in quanto entrambi i giocatori (le parti della negoziazione) vedono soddisfatti in egual misura interessi che sembravano ad una prima occhiata incompatibili, attraverso una soluzione che espande ‘la torta’ invece che dividerla.

Sembrerebbe quindi che se tutti conoscessero i trucchi e i metodi per espandere la torta, per negoziare in modo efficace con gli altri essere umani, si potrebbero risolvere in un sol colpo molti dei problemi politici, relazionali e sociali che affliggono la nostra quotidianità.  La soluzione non è chiaramente così semplice, ma perché non insegnare ai ragazzi, ai prossimi adulti, come negoziare cooperando al posto che litigare fraintendendo?

La negoziazione è un’arte: si può avere una predisposizione naturale, ma tutti possono imparare le regole fondamentali del gioco da mettere in pratica nella vita di tutti i giorni. Se tutti le conoscessero, molti futili conflitti potrebbero essere evitati, proprio perché la soluzione condivisa non prevede la prevaricazione degli interessi di una delle due parti, ma la costruzione, attraverso un processo partecipato e soddisfacente per le parti, di una casa comune. Non a caso nell’antica Grecia e nell’Antica Roma i ragazzi venivano educati all’arte della retorica e della negoziazione, non di meno di quanto venissero educati alla matematica e alla filosofia. In ogni circolo elitario, soprattutto in ambito politico e commerciale, da sempre viene insegnata l’arte della negoziazione (dall’Umanesimo all’Illuminismo, ogni momento storico, filosofico e politico porta con sé la sua visione di negoziazione). Una volta imparate le regole, questa arte deve essere esercitata affinché si perfezioni e diventi sempre più efficace.

Le domande ora sono le seguenti: ha per caso perso di importanza nel mondo odierno l’arte del negoziare? È una abilità indegna di essere insegnata a scuola? Non è nell’interesse di tutti saper partire da basi comuni per raggiungere soluzioni di mutuo guadagno?

Imparare a evitare le situazioni di conflitto, a riconoscere gli interessi delle altre persone, ad ascoltare le ragioni dell’altro, comprenderle e trovare punti in comune, a rispettare i punti di vista, a riconoscere le parole che possono ferire e chiudere una negoziazione e distinguerle da quelle che invece aprono un varco, una possibilità alla comunicazione non è una abilità meno importante o meno preziosa del saper far di conto o del saper riconoscere le differenze tra una molecola di glucosio e una di saccarosio. Insegnare ai ragazzi l’arte del comunicare, del risolvere potenziali soluzioni di conflitto al posto che evitarle porterebbe enormi vantaggi dal punto di vista educativo e culturale per il futuro. Si potrebbe immaginare una società dove le persone ci tengono a non far prevalere le proprie posizioni e ad accogliere quelle dell’altro con cui si confrontano.

Non è una utopia, non è una fiaba, è una arte che può essere appresa da ognuno di noi. Classi di educazione alla negoziazione, lezioni in cui vengono insegnati i metodi più efficaci che ci consentono di eliminare la frustrazione di non essere ascoltati e capiti sarebbero un segno di una comunità che vuole reagire, partendo dalle basi, alla conflittualità sterile del mondo odierno. Lezioni interattive dove si impara dai propri errori e dove si cercano di mettere in pratica in situazioni potenzialmente conflittuali della quotidianità i migliori trucci per raggiungere il bene comune sarebbero fondamentali per ognuno di noi: si imparerebbe a concentrarsi sui problemi e non sulle persone, a essere creativi nella ricerca delle soluzioni, a non reagire agli sfoghi emotivi, ad appellarsi a criteri oggettivi, ai fatti e non ai preconcetti, a mettersi nei panni dell’altro, a costruire una comunicazione fondata sulla fiducia reciproca perché entrambe le parti sanno di avere lo stesso fine comune e non fini differenti e contrastanti.

Oggi più che mai le persone si sentono autorizzate, dietro lo schermo di uno smartphone o di un PC, ad urlare la propria opinione più forte degli altri, per sentirsi riconosciuti e ascoltati. I criteri oggettivi non importano, solo chi riesce a imporsi in maniera più prepotente o convincente è convinto di avere ragione. E la ragione e il torto non sono più definibili in maniera precisa perché ognuno ha la sua visione che deve essere imposta agli altri e come un cavallo con le bende agli occhi si procede ostinatamente verso una direzione senza guardare ai lati.

Non lasciamo governare il cavallo di Caligola, impariamo e insegniamo agli altri che le soluzioni esistono e si cercano insieme.

Fonti:

-Getting to Yes (R.Fischer, W.Ury, 1994)

Immagine tratta da Google Immagini

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