Liberi di pensare. Lo stato attuale della libertà accademica

Lo stato attuale della libertà accademica

se un professore racconta un evento storico o spiega una recente scoperta scientifica, siamo portati a pensare che la nozione riportata sia frutto dello studio e della ricerca del nostro insegnante, in un’ottica di trasmissione del sapere acquisito. Eppure non sempre gli insegnanti sono liberi da pressioni e minacce nel loro ruolo educativo.

Sin dall’antichità, troviamo numerosi casi di docenti visti come un pericolo per la società e per questo condannati: esemplare tra tutti il caso di Socrate, ritenuto colpevole di influenzare le menti dei più giovani, portandoli a mettere in discussione i valori morali della comunità. 

Millenni dopo, insegnanti, studenti e ricercatori continuano a subire minacce e pressioni da parte di governi e attori non statali rispetto all’oggetto delle loro ricerche, al contenuto delle loro lezioni o semplicemente a causa delle idee che manifestano [1]. Per questo motivo, organizzazioni come Scholars at Risk operano un’attività di monitoraggio e denuncia delle violenze subite dal corpo studentesco e dai docenti, cercando di tutelare la libertà della comunità accademica nel suo insieme. 

Innanzitutto, definiamo cosa si intende con libertà accademica.

Che cos’é l’Academic Freedom?

Con il termine Academic Freedom o libertà accademica la comunità internazionale intende localizzare tutte le libertà connesse all’esercizio dell’attività accademica – la libertà di opinione e di espressione, la libertà di insegnamento, il diritto all’educazione, la libertà di ricerca, la libertà di associazione e la libertà di movimento – così da racchiuderle all’interno di un unico diritto, più facilmente riconoscibile e difendibile. 

Al contempo, bisogna considerare che fornire una definizione universalmente valida di libertà accademica è piuttosto difficile, proprio in ragione dell’ampiezza del suo significato. Infatti, se interpretata positivamente, questa dovrebbe includere tutte le possibili libertà esistenti relazionate all’ambito accademico, mentre, se vista in ottica negativa, dovrebbe far riferimento a tutte le sue possibili violazioni. 

Ciascuno Stato prevede diverse forme di tutela per l’attività di docenti e alunni, alcune soddisfacenti, altre meno; per questa ragione, la comunità internazionale ha sentito la necessità di elaborare un quadro normativo unitario al fine di implementare a livello universale la tutela del corpo docente e studentesco.

La protezione della ‘Libertà Accademica’ in Italia e nel mondo

In Italia, le libertà d’insegnamento e di ricerca sono garantite agli articoli 9 comma 1, 33 co. 1 e 33 co.6 della Costituzione, la quale tutela l’autonomia didattica, la libera espressione culturale dei docenti e la libertà della scienza e dell’arte, assicurando un insegnamento libero e volto alla formazione della personalità degli alunni. Allo stesso modo, la nostra Costituzione afferma il diritto di ciascun individuo di manifestare il proprio pensiero liberamente, considerando ciò una condizione essenziale per lo sviluppo di una comunità democratica. L’ordinamento italiano non prevede, dunque, una generale tutela del corpo docente, ma scompone le diverse libertà attinenti all’ambito educativo, prevedendo per ciascuna di esse una protezione ad hoc

Purtroppo, non tutti gli Stati prevedono simili libertà e ogni anno sono numerosi i membri della comunità accademica che subiscono violenze e attacchi proprio in ragione della loro attività di ricerca o di insegnamento. Per questo motivo, nella seconda metà del XX secolo, la comunità internazionale ha progressivamente sviluppato una serie di previsioni per la loro tutela.

Da un punto di vista normativo, è con la Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo del 1948 che viene garantito il diritto di studenti e insegnanti a ‘ricevere ed impartire informazioni’ liberamente. In seguito a questo primo passo, fondamentale soprattutto per ordinamenti che non prevedevano garanzie e tutele interne, i Comitati delle Nazioni Unite per i Diritti Civili e Politici e per i Diritti Economici e Sociali hanno sviluppato la nozione di Academic freedom, ampliandone il significato e prevedendo specifici obblighi per gli Stati parte, non più solamente di tutela ma anche di promozione.

Nel 1997 l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Educazione, la Scienza e la Cultura, meglio conosciuta come UNESCO, elaborò una importante Raccomandazione [2] riguardo lo status del personale docente dell’istruzione superiore, sottolineando il ruolo cruciale dell’educazione per lo sviluppo dell’umanità. Il testo rappresentò una tappa fondamentale per la piena realizzazione della libertà accademica, codificando quelle libertà di coscienza, espressione, pensiero e associazione previste anche nella nostra Carta Costituzionale. La Raccomandazione indicò, inoltre, principi quali l’autonomia istituzionale delle Università e dei centri di ricerca, il dovere delle istituzioni di essere equamente accessibili e la necessità di riconoscere le responsabilità e i compiti derivanti dal ruolo accademico. Nonostante l’importanza del documento adottato in seno all’UNESCO, è fondamentale sottolineare il ruolo che ogni Stato ricopre nella tutela e nella promozione della libertà accademica all’interno del proprio territorio: infatti, non solo i governi firmatari devono impegnarsi nel rispettare le libertà legate all’insegnamento e alla ricerca, ma dovranno anche attivarsi per impedire che l’Academic Freedom venga violata, riparando eventualmente alle violazioni già commesse.

Come individuare una violazione della ‘Libertà Accademica’?

Nonostante il dibattito pubblico si stia occupando sempre più delle comunità accademiche a rischio, rimane ancora molto difficile stabilire quando si possa qualificare con certezza una violazione dell’Academic Freedom. Le restrizioni a tale libertà avvengono infatti in modi tra loro piuttosto diversi, talvolta molto evidenti (si pensi alla sospensione totale delle attività accademiche, al bombardamento delle scuole e all’uccisione di professori e studenti avvenuta in Cambogia nel 1975), altre volte più difficili da individuare (è questo il caso del finanziamento da parte di una compagnia farmaceutica di un programma di ricerca medica nella città di Colonia in Germania); per questo motivo, alcuni gruppi di ricercatori stanno cercando di elaborare un indice globale che possa mettere a confronto lo stato della Libertà Accademica nei diversi paesi e nelle comunità studentesche. Lo sviluppo di tale indice potrebbe avere un impatto molto significativo sia perché fornirebbe dati specifici in merito a questo fenomeno, sia poiché aumenterebbe la pressione internazionale su quegli Stati che sono soliti realizzare massicce violazioni dell’ Academic Freedom [3].

Fonte: report “Free to Think 2020” Scholars at Risk Academic Freedom Monitoring Project.

Lo stato attuale della libertà accademica

L’Associazione Scholars at Risk realizza annualmente un monitoraggio rispetto allo stato della Academic Freedom nel mondo, riportando le violenze fisiche subite dalla comunità studentesca e insegnante, i processi o le detenzioni sofferte da docenti e studenti in ragione di attività accademiche non violente, le minacce alla libertà di espressione e manifestazione studentesca, le restrizioni rispetto alla libertà di movimento e le riforme legislative finalizzate all’erosione della libertà degli studenti e delle istituzioni accademiche.

Il Report Free to Think 2020 [5] ha analizzato 341 attacchi alle comunità studentesche in 58 paesi tra il settembre 2019 e l’agosto 2020, registrando 124 attacchi violenti con conseguenti 24 morti tra insegnanti, studenti e personale scolastico. 

In particolare si segnalano i bombardamenti delle Università di Ghazni (settembre 2019), Kabul (febbraio 2020) e Paktia (marzo 2020) in Afghanistan, dell’Università di Dhamar (ottobre 2019) in Yemen e dell’Università del Kashmir in India (novembre 2019). 

Seguono poi attacchi armati realizzati nei confronti di rettori universitari – come Andrei Krisovaty in Ucraina e Waldo Albarracín, rettore della Higher University di San Andrés in La Paz, Bolivia -, professori – come la prof.ssa Sara Fernandez dell’University of Antioquia in Colombia – ed episodi di violenza poliziesca nei confronti delle manifestazioni studentesche, come accaduto in Nigeria con l’uccisione di due studenti nel settembre 2019 e in Iraq nel febbraio 2020.

Risultano ugualmente rilevanti le detenzioni amministrative subite del corpo accademico in ragione delle opinioni espresse o delle ricerche condotte, come nel caso di Ubai Aboudi, Direttore palestinese del Bisan Center for Research and Development in Ramallah, e di Imad Barghouthi, scienziato palestinese e professore di Theoretical Space Plasma Physics all’Università di Al-Quds.

Volgendo lo sguardo ad avvenimenti ancora più recenti, è necessario citare le forti proteste degli studenti turchi contro le autorità centrali, scatenatesi in seguito alla nomina governativa del rettore dell’Università di Boğaziçi (Istanbul). Il rettore Bulu, sarebbe, infatti, la prima figura scelta al di fuori della comunità universitaria e nominata arbitrariamente da Erdogan. La Comunità accademica considera l’utilizzo di questo potere di nomina una violazione della Academic Freedom.

La protesta degli studenti dell’università di Boğaziçi.
Fonte: Reuters.

Recente anche la denuncia della Association for freedom of thought and expression (AFTE) al governo egiziano per il rilascio del ricercatore della Central European University Ahmed Samir Santawy, detenuto arbitrariamente al Cairo dal 1° Febbraio 2021. Caso molto simile a quello dello studente dell’Università di Bologna  Patrick Zaky, arrestato al Cairo il 7 febbraio 2020 e da allora detenuto.

Interessante sottolineare come, per quanto riguarda le attività accademiche svoltesi durante la pandemia, le maggiori perplessità espresse nel Report si riferiscano soprattutto alla possibile violazione della Privacy degli studenti, con conseguente pericolo che questi vengano registrati e ‘targettizzati’ per aver espresso certe opinioni. Allo stesso modo, è oggetto di preoccupazione la possibilità che le comunità accademiche subiscano il cosiddetto ‘zoombombing’, ossia l’intrusione di soggetti terzi con il solo scopo di offendere, minacciare, intimidire o semplicemente disturbare le lezioni o le attività di ricerca telematiche.

Una libertà da difendere

I casi riportati sono solo alcuni di quelli esaminati all’interno del Report di Scholars at Risk, che, nell’elencare le numerose violazioni dell’Academic Freedom, insiste su quanto sia necessario per i governi prendere coscienza degli attacchi realizzati sui loro territori, talvolta perpetrati dalle stesse autorità statali (come nel caso della Turchia), e sul dovere della società civile di denunciare le minacce alla comunità accademica, chiedendo indagini imparziali e l’individuazione dei responsabili.

Contemporaneamente, risulta fondamentale l’elaborazione di uno strumento che permetta di raccogliere dati riguardo alle violazioni della libertà accademica, così da poter valutare la qualità degli istituti anche rispetto alla libertà che garantiscono al proprio corpo docente e studentesco.

Benché in Italia l’Academic Freedom sia costituzionalmente tutelata e l’insegnamento, così come la ricerca, siano liberi, non dobbiamo dare per scontata una libertà così fragile e soggetta ad attacchi. 


Clicca qui per scaricare il report Free to Think 2020 di Scholars at risk

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