Quando sentiamo parlare di conflitti armati, la nostra mente prefigura quasi automaticamente emergenze di carattere sanitario e alimentare; tuttavia, al di là delle esigenze legate alla mera sussistenza, la guerra colpisce molte altre aree della vita di una comunità, ugualmente fondamentali, tra cui il sistema scolastico e l’educazione nel suo insieme.
La scuola è un fatto umano, e come tale è il prodotto di una società che riconosce nella ciclicità del tempo un valore, espresso nella trasmissione di conoscenze e di modalità di approccio al reale. Quando quella ciclicità viene incrinata dall’incertezza per il presente, gli spazi vengono sottratti, le reti si dissolvono e fare scuola pare impossibile.
Nella totale sospensione della vita che un conflitto porta con sé, ciò che primariamente viene a mancare è la visione certa di un futuro. Quella situazione di immobilità, di mancanza di prospettive e di interruzione porta inevitabilmente ad un unico qui ed ora. Un presente in lotta e un futuro che diviene qualcosa a cui tendere lontano nel tempo e nelle speranze.
In quella lontananza si inserisce forse la più grande emergenza che la guerra produce, benché taciuta e spesso considerata secondaria: la sospensione dei sistemi educativi e dei percorsi di formazione degli adulti di domani. Come sostenuto dalla ONG Norwegian Refugee Council, l’educazione dovrebbe rappresentare una priorità durante i conflitti armati, e nessuno studente dovrebbe essere privato di giorni di scuola e allontanato dagli ambienti della sua formazione. Questo poiché l’interruzione forzata dei percorsi scolastici genera enormi ripercussioni sulle vite degli alunni e della società nel suo insieme.
Parlare di educazione e di scolarità durante un conflitto pare illusorio. Eppure, nei contesti di crisi è più che mai necessario tutelare quell’esigenza di e-ducere, di trasformazione e di crescita dei giovani, dotandoli degli strumenti necessari allo sviluppo di sé e alla comprensione della realtà. L’educazione deve rappresentare, anche e soprattutto nei momenti di crisi, uno spazio sicuro, pronto a proteggere e tutelare i membri della propria comunità.
Al fine di denunciare il carattere emergenziale del sistema scolastico nei paesi vittime di conflitti armati, nel 2010 nasce la Global Coalition to Protect Education from Attack (GCPEA), nella quale convergono numerose agenzie delle Nazioni Unite e Organizzazioni non Governative, tra cui UNHCR, UNICEF, UNESCO, Human Rights Watch e Norwegian Refugee Council, con lo scopo primario di impedire gli attacchi contro le istituzioni scolastiche, rendendo la scuola un luogo sicuro per tutta la comunità.
Sotto l’egida di questa coalizione inter-agenzia, nel maggio 2015 alla Conferenza di Oslo su “la scuola sicura”, viene siglata la prima ‘Safe School declaration’. Si tratta di uno strumento politico attraverso cui gli Stati riconoscono la necessità di tutelare studenti e personale scolastico durante i conflitti armati, impegnandosi a garantire continuità educativa anche nel contesto emergenziale.
Oltre a teorizzare la dichiarazione, la GCPEA realizza annualmente conferenze per discutere dello stato dell’educazione sotto attacco nel mondo, elaborando buone pratiche, codici di condotta e strumenti alternativi per perseguire gli obiettivi educativi nonostante i conflitti in corso.
L’impatto di un conflitto armato sul sistema educativo
Il conflitto sottopone il sistema educativo ad importanti sfide di carattere umanitario. A livello globale, gli istituti scolastici sono spesso vittime di bombardamenti o utilizzati come basi militari, e numerosi studenti e insegnanti rimangono vittime degli scontri (qui una mappa degli Attacks on Education nel 2020). Un tale utilizzo degli edifici scolastici genera conseguenze gravissime sulla comunità, privando numerosi bambini del loro diritto all’istruzione, sancito all’articolo 26 comma 1 della Dichiarazione Universale dei diritti umani, ed esponendoli a gravi rischi. Molti studenti, infatti, rinunciano a frequentare la scuola durante i periodi di guerra per tutelare la propria sicurezza.
Secondo i dati UNICEF, solo nel 2020 sono 535 gli edifici scolastici vittima di attacchi e bombardamenti, cifra in aumento rispetto ai dati 2019. Spesso gli istituti scolastici rappresentano un target per gli eserciti e i gruppi armati, e gli studenti vengono visti come potenziale forza militare da reclutare.
Attualmente, nel mondo si contano 250 milioni di bambini residenti in aree toccate da conflitti, e si stima che di questi almeno uno su quattro non abbia accesso all’istruzione. Guardando poi alla condizione delle studentesse, i dati peggiorano drasticamente, in quanto, per ragioni di sicurezza dovute anche allo sfruttamento sessuale, le bambine sono le prime ad essere tenute a casa e, di conseguenza, private della scuola.
Gli attacchi nei confronti della comunità scolastica includono omicidi, sparizioni forzate, arresti, torture, bombardamenti, violenza sessuale, reclutamento di bambini soldato e uso militare delle scuole come basi, barricate, punti di controllo o di stoccaggio di armi.
Perché, dunque, è così importante che la scuola sia un luogo sicuro per tutti, soprattutto durante i conflitti? Una scuola sicura non solo garantisce un’istruzione, ma anche strumenti utili ad affrontare il periodo di emergenza, aiutando gli alunni sia da un punto di vista sanitario che di benessere mentale. Le scuole aperte costituiscono un enorme beneficio non solo per i ragazzi e le ragazze, ma anche per la società, la quale, al termine del conflitto, potrà contare su tassi di abbandono scolastico ridotti e sarà in grado di attuare politiche di sviluppo e ricostruzione sostenute da adulti formati.
La necessità di garantire continuità educativa anche durante un conflitto
La centralità della scuola come safe place durante un conflitto trova molteplici ragioni: da un lato, gli edifici scolastici possono garantire una protezione immediata per studenti e insegnanti, tutelandoli da incidenti e sfruttamento; dall’altro, le scuole aperte attutiscono sul lungo periodo l’impatto del conflitto sulla comunità e supportano gli studenti da un punto di vista psicologico, permettendo loro di guardare oltre lo stato emergenziale. Come anticipato, continuare il percorso scolastico con gli studenti permette a questi di proseguire la propria formazione, dando loro modo di contribuire alla società futura post-bellica, la quale non si troverà privata delle menti necessarie allo sviluppo socio-economico e politico del paese. Inoltre, le scuole aperte contrastano il progredire del conflitto, sottraendo spazi agli eserciti e allontanando docenti e alunni dagli scontri.
In questo contesto, appare di estrema rilevanza la Safe School declaration, attualmente sostenuta da centoquattordici Stati, la quale individua codici di condotta e linee guida che i paesi possono utilizzare nel contesto bellico. Gli Stati, infatti, aderendo alla Dichiarazione, documento non vincolante ma dall’alto valore simbolico, si impegnano nella realizzazione di cinque obiettivi principali: eliminare gli attacchi contro gli edifici scolastici, documentare e tracciare le violazioni degli obblighi imposti dalla dichiarazione, promuovere la continuità educativa durante il conflitto, supportare la rete scolastica e perseguire i colpevoli degli attacchi già perpetrati.
Strumenti ed esperienze per consentire di proseguire l’educazione e la formazione durante un conflitto
La Global Coalition to Protect Education from Attack (GCPEA) propone diversi esempi ed esperienze pregresse di Stati, vittime di conflitti armati, che hanno continuato a garantire, totalmente o parzialmente, un livello di scolarità minimo per i propri studenti, anche durante la fase emergenziale.
Tra le esperienze di maggior successo troviamo: il Burkina Faso, dove nel 2020 il Ministro dell’Educazione ha annunciato un’estensione della didattica a distanza anche per gli studenti residenti in aree vittime di conflitti; la Repubblica Centro-Africana, dove nel 2006 il governo ha sostenuto la creazione di bush schools – scuole nel bosco – per i rifugiati, in cui i genitori venivano formati come insegnanti al fine di poter proseguire con i programmi educativi (si stima che questo sistema abbia concesso ad oltre 100.000 bambini di proseguire nei propri studi); e la Nigeria, dove l’American University of Nigeria ha ideato un programma nazionale di istruzione via radio, chiamato Technology enhanced learning for all, il quale ha permesso a circa 22.000 bambini e bambine in zone meno sicure di proseguire i propri percorsi formativi attraverso strumenti innovativi.
Come la Nigeria, anche la Somalia ha ideato un programma formativo via radio tra il 2005 e il 2011, il Somali Interactive Radio Instruction Program, che ha trasmesso lezioni di letteratura, matematica, salute pubblica, life skills e strumenti di prevenzione del conflitto, per tre ore al giorno, cinque giorni a settimana. Contestualmente, anche per gli insegnanti venivano ideati e trasmessi percorsi formativi a distanza con attività, storie e canzoni.
Allo stesso modo, anche il governo ucraino, vivendo un contesto bellico da più di due mesi, ha implementato la didattica a distanza, già utilizzata in periodo di Covid-19, per proseguire nell’educazione dei propri studenti.
Il conflitto in Ucraina e i metodi utilizzati per garantire continuità educativa agli studenti
Dall’inizio delle ostilità – il 24 febbraio 2022 – ad oggi, si stima che 210 edifici scolastici siano stati colpiti o danneggiati in seguito al conflitto in corso nell’est dell’Ucraina, inclusa un’università e un asilo nido. Il ministero per l’educazione e la scienza ucraino ha proclamato la chiusura di tutti gli istituti scolastici per ragioni di sicurezza e, al momento, sono 5,7 milioni gli studenti tra i 3 e i 17 anni che non hanno accesso all’istruzione, ai quali si aggiungono 1,5 milioni di studenti universitari. Si stima siano 2 milioni i bambini che, invece, hanno lasciato il paese.
Ancor prima dello scoppio delle ostilità, la GCPEA aveva riscontrato nel suo report 2020 numerosi attacchi contro le istituzioni scolastiche ucraine in seguito agli scontri avvenuti in Crimea nel 2014. Per questo motivo, nel tentativo di sostenere il proprio sistema scolastico, nel 2019 l’Ucraina aveva aderito alla Safe Schools Declaration della GCPEA, potenziando la protezione degli istituti scolastici e formando militari specialmente dedicati alla difesa delle scuole.
Con un’importante dichiarazione del 10 marzo 2022, la direttrice esecutiva della Global Coalition to Protect Education from Attack, Diya Nijhowne, intimava le parti in conflitto di cessare immediatamente gli attacchi su scuole, studenti e insegnanti, promuovendo il rispetto della Dichiarazione e della Risoluzione del Consiglio di Sicurezza dell’ONU n.2601 del 2021. La direttrice sottolineava, inoltre, l’importanza di garantire per quanto possibile la continuazione dei percorsi scolastici, in linea con l’SDG n.4 delle Nazioni Unite, promuovendo programmi che possano mitigare la dispersione scolastica dovuta al conflitto.
Ad ora, le strategie attuate da parte del Ministero per l’Educazione e la Scienza ucraino volgono verso la creazione di una rete di supporto internazionale all’educazione e alla scienza in Ucraina, raccogliendo fondi tramite Organizzazioni internazionali, Stati e ONG, e la promozione della didattica a distanza.
La didattica online viene promossa attraverso una piattaforma messa a disposizione dal governo, chiamata ‘All-Ukrainian Online School’ (AOS), creata nel 2020 per far fronte alla pandemia da Covid e implementata dal ministero in occasione del conflitto.
La piattaforma è molto varia e fornisce videolezioni di ogni tipo, dalla biologia alla letteratura, avendo come obiettivo quello di incoraggiare gli studenti a mantenere un legame con il sistema di istruzione ucraino, così da poter facilitare un reinserimento futuro al termine della guerra.
A sostegno di questi programmi di educazione a distanza si è schierata anche la Global Education Coalition (UNESCO), impegnandosi nel fornire supporti didattici, materiali e strumenti per facilitare lo svolgimento delle lezioni. Questo, con l’aiuto di numerosi partner pubblici e privati che hanno donato strumenti tecnologici e borse di studio e l’impegno di numerosi docenti che continuano ad offrire lezioni via Skype, Meet e Zoom anche in un contesto emergenziale.
Il motore che spinge queste azioni, dei singoli così come della comunità, è proprio quella consapevolezza dell’imprescindibilità di un sistema scolastico funzionante, anche nel mezzo di un conflitto. Rinunciare all’educazione implica rinunciare alla società del domani, e una comunità che voglia ricostruirsi in seguito ad una guerra dovrà necessariamente coltivare i propri giovani, per fornire loro gli strumenti necessari ad immaginare un futuro di pace.
Conclusioni
Indubbiamente, mantenere funzionante un sistema scolastico lungo il perdurare di un conflitto è estremamente complesso. La sfida che si pone a un governo sotto attacco è notevole e, talvolta, i mezzi necessari a mantenere un minimo livello di progettualità educativa vengono meno.
Per questo motivo, è necessario implementare un consenso diffuso, che possa generare una consuetudine vincolante, riguardo l’esigenza di tutelare la scuola anche durante il conflitto, rendendo gli istituti scolastici zone franche e la comunità di studenti e insegnanti inviolabile. Gli Stati devono poter garantire scuole sicure in qualsiasi contesto e per fare ciò è necessario che ogni paese sia preparato ad affrontare questo tipo di situazioni, attraverso la predisposizione di linee guida e codici di condotta.
Come l’Ucraina, diversi Stati vittime di conflitti hanno organizzato e promuovono programmi di istruzione emergenziali, aderendo pienamente ai principi enunciati nella Safe School Declaration.
Come associazione volta alla promozione del ruolo centrale della scuola nella società, Education Around non può far altro che supportare tali realtà e gli sforzi fatti da governi e docenti per cercare di mantenere quanto più possibile una continuità educativa, individuando spazi sicuri per la comunità scolastica e lottando per una scuola aperta, dove le menti possano continuare ad immaginare e costruire il futuro.
Riferimenti:
https://ssd.protectingeducation.org/safe-schools-declaration-and-guidelines-on-military-use/
https://www.unicef.org/education-under-attack
https://www.nrc.no/perspectives/2018/education-during-wartimenew-page/
https://www.hrw.org/news/2017/10/05/far-reaching-consequences-wartime-attacks-education
https://mon.gov.ua/eng/news/presentation-ukrainian-online-school-use-abroad
Presentation of Ukrainian online school for use abroad | Ministry of Education and Science of Ukrainehttps://mon.gov.ua/eng/news/mon-iniciyuye-stvorennya-mizhnarodnoyi-koaliciyi-na-pidtrimku-osviti-ta-nauki-ukrayini