Smart drugs, smart kids?

Molti di voi hanno sicuramente visto Limitless, un film del 2011 in cui la vita di uno scrittore fallito subisce un cambiamento radicale grazie ad una potentissima droga (chiamata NZT) in grado di migliorare significativamente le performance del protagonista. Il film mostra inoltre tutto il corredo di effetti collaterali e psicologici che accompagnano quelli desiderati di enhancement cognitivo. Sembra una storia assurda, ma è quasi realtà. Il mercato dei farmaci nootropi (o “smart drugs”) è un mondo incredibilmente interessante e in continua evoluzione, e porta con sé considerazioni di stampo etico e socioeconomico.

Per ovvi motivi (l’uso di farmaci psicostimolanti al di fuori di una prescrizione medica è chiaramente illegale), è molto difficile raccogliere dei dati precisi sulla diffusione di queste sostanze tra gli studenti. Diversi studi statunitensi riportano però stime importanti, che evidenziano un utilizzo di questi farmaci da parte del 7-20% degli studenti nei college americani.

Questo ci pone di fronte a delle problematiche etiche nuove e mai affrontate prima, proprio perché l’avanzamento delle tecnologie e delle conoscenze in ambito farmacologico ha reso possibile qualcosa che l’uomo in realtà desidera fin dall’alba dei tempi, dando possibilità di espressione e realizzazione al desiderio di superare quelli che sono i nostri limiti biologici. Il mondo accademico è diviso in due, tra chi afferma che l’utilizzo di questi farmaci sia riprovevole, in quanto dà dei vantaggi notevoli ad alcuni individui ed è quindi da considerarsi alla stregua del doping negli sport, e chi invece ritiene che, in una società moderna, non abbia senso impedire a qualcuno di utilizzare tutti gli strumenti a disposizione per ottenere il risultato migliore possibile.

I sostenitori del primo punto di vista ritengono inoltre che permettere l’utilizzo di questi farmaci equivarrebbe ad obbligare tutti gli studenti a farne uso, perché chiaramente chi utilizza il farmaco avrebbe un vantaggio troppo grande su chi non lo utilizza, che non sarebbe più competitivo. C’è anche una preoccupazione importante per quanto riguarda gli effetti collaterali di questi farmaci, che nel lungo termine non sono pochi e che hanno a che fare soprattutto con un’iperattivazione del sistema neurovegetativo (difficoltà respiratorie, disturbi del ritmo cardiaco, dell’appetito, dell’equilibrio gastro-intestinale, del sonno, dell’umore) e con il fenomeno sia fisico che psicologico della dipendenza.

Chi invece ritiene che l’utilizzo di questi farmaci debba essere liberalizzato sostiene che il proibizionismo, in questo come in altri campi, non sarà mai una soluzione efficace, e che un mercato di questo tipo non potrà mai essere completamente fermato. Inoltre, in risposta all’argomentazione secondo la quale questi farmaci darebbero un “ingiusto” vantaggio competitivo agli studenti che li assumono, questi studiosi sostengono che in ogni caso la competizione in ambito scolastico (ma mi permetto di estendere il concetto anche ad altri ambiti) non prevede mai che tutti partano con le stesse possibilità, in quanto una parte importante delle competenze cognitive è ereditata dai genitori e un’altra grossa fetta dipende da fattori socioeconomici (dalla presenza di un computer in casa alla nutrizione durante l’infanzia).

Quello sulle “smart drugs” resta dunque un dialogo aperto, che dovrà necessariamente essere approfondito e affrontato in modo più diretto, in quanto il mercato di questi farmaci subirà una probabile espansione, sia nel numero degli studenti che ne fa uso, sia nella gamma di prodotti disponibili. Chiudo con una riflessione e una domanda: quanti di noi possono dire di non aver mai bevuto 3-4 caffè per cercare di dare il massimo prima di un esame? Anche la caffeina, come i farmaci nootropi, è una sostanza psicostimolante. Da che punto in poi possiamo considerarlo doping? Dove tracciamo la linea?


Fonti:

Immagine tratta da Google Immagini

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