Contrastare le disuguaglianze educative valorizzando le aree marginali: l’esperienza di Poliferie

Con la pandemia di Covid-19, il tema delle disuguaglianze è tornato a essere al centro del dibattito pubblico. Le disuguaglianze si manifestano, infatti, all’interno della nostra società in diversi ambiti e possono derivare dal livello di reddito, dal genere, dall’età, dalla derivazione geografica, dall’orientamento sessuale, dalla religione e dalla classe sociale. Se confrontata con la media europea, l’Italia rientra tra i paesi con maggiore disuguaglianza per quanto riguarda il livello dei redditi, e questo divario genera conseguenze molto profonde sulla vita delle persone, alimentando fenomeni come la scarsa mobilità sociale e la povertà educativa. 

Nel nostro Paese, purtroppo, il percorso scolastico dei figli è ancora strettamente legato allo status della famiglia d’origine: per fare un esempio, secondo un report di Save the Children, il 36% degli alunni provenienti da famiglie svantaggiate non raggiunge le competenze minime in matematica, laddove solo il 10% degli studenti provenienti da famiglie non svantaggiate riscontra tali problematiche. Ciò genera divari in partenza difficili da superare nel breve periodo e favorisce meccanismi per cui nascere in una famiglia con meno mezzi (sia economici sia culturali) conduce ad una disparità di opportunità educative. 

Dare una definizione univoca di ‘povertà educativa’ è alquanto complesso, poiché si tratta di un concetto che riunisce diversi fattori: dal gruppo sociale di riferimento alla zona geografica di provenienza, dalla rete di relazioni alla comunità in cui una persona cresce (il nostro Alvise ne parlava nei suoi articoli ‘Tutti insieme disegualmente pt. 1’ e ‘Da povertà a povertà educativa e viceversa’).

L’educazione delle ragazze e dei ragazzi non viene unicamente dalla scuola: quell’ex ducere inteso come portare fuori qualcosa da qualcuno, mettendone in rilievo le qualità e favorendone lo sviluppo è un processo che coinvolge molteplici indicatori e diverse formazioni sociali, dalla famiglia, alla scuola, alla comunità, fino al quartiere e alla città. Come ha raccontato la cantante Elodie a Sanremo 2021, riferendosi alle proprie origini di periferia, spesso è il contesto in cui si nasce a fornire gli strumenti necessari per raggiungere ciò che si sogna e  purtroppo «se si nasce in certi ambienti si deve lavorare più degli altri per ottenere quello che già si dovrebbe avere».

Al fine di ridurre queste disuguaglianze, si sono sviluppati alcuni osservatori e organizzazioni che cercano di creare opportunità per gli studenti di periferia, formandoli e informandoli riguardo alle possibilità presenti nel mondo del lavoro e nel panorama universitario. Tra queste, un lavoro significativo viene svolto da Poliferie, organizzazione non governativa che si occupa di valorizzare la aree urbane periferiche, cercando di colmare quel divario educativo generato dalle disuguaglianze economiche, sociali e culturali. 

Per capire insieme perché sia importante ridurre la disuguaglianza educativa, Margherita Gori Nocentini, volontaria di Poliferie, ci spiega il ruolo ed il lavoro di questa organizzazione. 

Margherita, perché è importante agire sulla povertà educativa e sulle disuguaglianze riguardanti, in particolare, le scuole di periferia?

E’ necessario partire dal presupposto che una società diseguale è per definizione una società che viaggia più lentamente. Come Poliferie, riteniamo che le disuguaglianze siano qualcosa di ingiusto, soprattutto quando dipendono dalle condizioni socio-economiche di partenza. Infatti, benché il talento sia democratico ed equamente distribuito, le opportunità sono maggiormente concentrate tra le fasce di reddito più alte. Le periferie di cui ci occupiamo non sono solo quelle geografiche, ma consideriamo periferie tutti quei luoghi in cui mancano le opportunità. Ciò, tendenzialmente, si traduce in un’azione focalizzata sulle scuole periferiche. Il centro storico, infatti, è tradizionalmente associato ad una vita culturale maggiore, a livelli di reddito più alti e dunque a maggiori opportunità.

Quando è nata l’associazione Poliferie, i fondatori hanno utilizzato un approccio molto scientifico, essendo coscienti che i grandi problemi italiani riguardanti il mondo dell’educazione potessero riassumersi in: alto tasso di NEET, ossia persone in giovane età che non hanno un impiego, né frequentano una scuola o un corso di formazione; malfunzionamento dell’ascensore sociale e fenomeno delle “lauree ereditarie”; crescente crisi di fiducia; asimmetrie informative e mancanza di una trattazione adeguata nelle scuole dei temi legati al mondo del lavoro e all’orientamento in uscita. Questione, quest’ultima, spesso lasciata alle famiglie, che hanno purtroppo livelli di preparazione diversi sul mondo universitario e del lavoro, contribuendo così a perpetuare le disuguaglianze.

Posti questi problemi, Poliferie nasce per dare una risposta concreta alla distribuzione settoriale delle opportunità. Il nostro lavoro consiste nell’entrare in contatto con i ragazzi direttamente nelle scuole, approcciandoci agli studenti come fratelli e sorelle maggiori, formandoli e informandoli riguardo alle opportunità del mondo del lavoro e delle università. 

Quali sono le conseguenze di tali disuguaglianze per gli studenti delle scuole periferiche?

Innanzitutto, l’impatto socio-culturale è enorme. La mancanza di opportunità ha forti conseguenze su tutta la vita dei ragazzi, sia in termini economici, che di percezione di sé.  Benché il livello di reddito dei diplomati rispetto ai laureati sia inferiore, nelle scuole dove operiamo constatiamo come spesso siano in primis i ragazzi ad escludere la possibilità di frequentare un corso universitario o post diploma, finendo per auto ostacolarsi. Purtroppo il fatto di non vedere opportunità intorno a sé genera forte perdita di fiducia e incide notevolmente sui livelli di soddisfazione della propria vita. 

Le studentesse e gli studenti non sono abituati a pensare al di fuori degli schemi che si sono visti imporre sin dalla giovane età e, per questo, lo scopo primario di Poliferie è far sì che siano innanzitutto loro ad interessarsi al proprio futuro, aiutandoli a valorizzare le loro qualità. La nostra missione consiste nel cercare di ispirarli, instillando in loro curiosità e consapevolezza. Ciò che per alcuni può sembrare scontato, come il fatto che le università prevedano borse di studio ed esoneri sulla base del valore ISEE, per certi studenti è invece un’informazione difficile da ottenere. Come Poliferie cerchiamo di realizzare con gli studenti un percorso che possa fornirgli gli strumenti per coltivare le proprie potenzialità. Se come società non valorizziamo le periferie, perdiamo un enorme potenziale di capacità e talento.

Come si struttura il lavoro di Poliferie?

Poliferie è una ONG nata nel 2017 che si basa sul lavoro di più di 100 volontari in tutta Italia. L’organizzazione si divide in ‘Team città’ e altri team, come Pubbliche Relazioni e Coordinamento, più trasversali. Ogni gruppo locale ha il compito di scegliere una scuola (una o due classi) con cui iniziare un percorso, il quale si suddivide in cinque incontri tematici per sviluppare temi legati alle opportunità post-diploma. I nostri focus sono le tecnologie, le relazioni e le idee, e, attraverso queste aree cerchiamo di aggiornare i ragazzi sulle dinamiche relative al mondo del lavoro: dal ruolo dell’essere umano in un sistema economico sempre più automatizzato, all’importanza delle capacità interpersonali.

Gli incontri si suddividono solitamente in una prima parte frontale, più teorica, e in una seconda parte di laboratorio. Spesso ci avvaliamo anche del supporto di professionisti esterni, esperti di un certo ambito lavorativo che raccontano la loro esperienza, confrontandosi con i ragazzi e dando loro suggerimenti. La parte di laboratorio è invece più pratica e può consistere, per esempio, nella realizzazione di un curriculum vitae e nello sviluppo di qualità trasversali come il parlare in pubblico o il team-building.

Oltre al lavoro nelle scuole, l’associazione sta iniziando ad occuparsi anche di Advocacy attraverso la realizzazione di seminari sul tema delle disuguaglianze educative. 

Quale influenza ha avuto la pandemia sul problema delle povertà educativa?

Questa pandemia ha sicuramente acuito le disuguaglianze già presenti all’interno della nostra società. Molti professori con cui collaboriamo ci hanno fornito dati preoccupanti: dall’aumento dei casi di abbandono scolastico, ad un numero sempre crescente di ragazzi con condizioni familiari precarie, alle difficoltà legate ad alcune zone geografiche prive di connessione ad internet. Con l’interposizione della barriera tecnologica molti studenti sono scomparsi e non hanno mai partecipato alla didattica a distanza. In Italia abbiamo tassi preoccupanti di abbandono e sicuramente la didattica da remoto non ha migliorato il fenomeno.

Quali potrebbero essere delle soluzioni efficaci per ridurre le disuguaglianze educative attualmente presenti? Quali politiche pubbliche sarebbero auspicabili?

Sicuramente sono necessarie attività di divulgazione e di mappatura. La tematica delle disuguaglianze educative non rientra nell’agenda politica italiana, di conseguenza anche fare divulgazione assume un ruolo centrale.

Al fine di orientare le politiche pubbliche, alcuni centri universitari, come il Dagum di Pisa, e organizzazioni come Save the Children, stanno conducendo studi per mappare il fenomeno così da favorire l’azione dell’amministrazione. Il lavoro è complesso perché richiede un approccio contemporaneamente economico, sociologico ed educativo, ma definire le dimensioni del problema risulta ormai imprescindibile.

Inoltre, andrebbe probabilmente ripensato il ruolo della scuola pubblica, che attualmente risulta essere molto nozionistica, a discapito di un approccio che porti i ragazzi a ragionare di più sul proprio percorso personale e sulla propria crescita al di là dell’apprendimento robotico dei programmi scolastici. Una possibilità potrebbe essere rimandare la scelta dell’istruzione superiore di qualche anno, così da permettere ai ragazzi e alle ragazze di fare scelte più consapevoli e meno influenzate dal contesto familiare.

Per il futuro, cosa ti augureresti?

In un mondo ideale, tutti gli studenti e tutte le studentesse avrebbero la possibilità di seguire le proprie inclinazioni all’interno di una struttura sociale che li supporta nelle scelte  scolastiche e lavorative. Poliferie, nel suo piccolo, lavora in questo senso, cercando di rimuovere gli ostacoli che alcuni studenti trovano sul proprio percorso. 

Con questo augurio finale, ringraziamo Margherita Gori Nocentini di Poliferie per averci raccontato la problematica delle disuguaglianze educative in Italia e il lavoro che l’Organizzazione porta avanti per cercare di ridurre tale divario. Per sostenere il loro progetto é possibile contribuire alla loro raccolta fondi. Come Education Around, cerchiamo nel nostro piccolo di lavorare per ridurre le disuguaglianze nell’accesso alle informazioni organizzando laboratori di orientamento per i ragazzi delle scuole superiori e realizzando annualmente i Ranking delle università italiane, così da permettere agli studenti di approfondire le opportunità del mondo universitario. Infine, con il nostro Blog proviamo ad approfondire le tematiche relative al mondo della scuola, analizzando i punti di forza, i malfunzionamenti e le disuguaglianze presenti e provando a ripensare il mondo dell’istruzione e della ricerca in ottica inclusiva e innovativa.

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