Fake news: il ruolo della scuola

Fake news è la buzz phrase per eccellenza degli ultimi anni, un’espressione che viene usata per indicare la manipolazione di informazioni e news al fine di ingannare l’opinione pubblica. L’attuale presidente americano è particolarmente attivo nel cavalcare l’onda di questo fenomeno su Twitter, usando il termine (rigorosamente in caps lock) 73 volte in poco più di 7 mesi tra dicembre 2016 e luglio 2017. Sulla stessa linea, nel 2016 il termine post-truth è stato la parola dell’anno secondo l’Oxford Dictionary.

Diverse definizioni sono state proposte per comprendere il fenomeno, il professore di filosofia teoretica al politecnico di Berlino, Axel Gelfert in un articolo recente (Fake news, a definition, 2018) individua in particolare tre caratteristiche proprie delle fake news:

      1. Le fake news si caratterizzano per il medium digitale attraverso cui si diffondono. Le notizie false sono sempre esistite, basti pensare alle accuse infondate che furono centrali per lo scoppio della guerra Ispano-americana nel 1898 mosse da Joseph Pulitzer e William Randolph Hearst, editori di due importanti quotidiani newyorkesi, secondo le quali la Spagna era responsabile dell’inabissamento dell’USS Maine. La peculiarità del medium delle fake news, internet, è di essere decentralizzato, possibilmente anonimo e facilmente manipolabile, queste caratteristiche ne facilitano la diffusione e proliferazione.
      2. Le fake news mancano di una base fattuale su cui le notizie dovrebbero normalmente fondarsi. Si può tranquillamente affermare che l’obiettivo del giornalista non è l’oggettività: interpretare fa parte del suo mestiere, così come dovrebbero farne parte onestà e buona fede, assenti in chi produce fake news.
      3. Le fake news implicano la manipolazione volontaria di fatti e informazioni al fine di diffondere disinformazione. Le fake news vengono create al fine di promuovere un’agenda e per ottenere più clicks, chi le produce è consapevole della falsità del contenuto proposto e svariate tecniche vengono impiegate per facilitare la loro propagazione.

Con ogni probabilità le fake news sono giunte per restare, ogni tentativo di regolamentare e controllare la veridicità delle notizie da parte dei motori di ricerca crea enormi problemi che riguardano la libertà di espressione e la censura. La responsabilità di comprendere quando si ha davanti una notizia adulterata non può che ricadere quindi sulle persone. La capacità di riconoscere quando un’ articolo di attualità è legittimo e quando invece non lo è, diventa di conseguenza ogni giorno più cruciale.

Un report condotto nel Regno Unito dal National Literacy Trust nel 2018 ha mostrato che il 53 % dei docenti intervistati non ritiene che il corso di studi degli studenti sia sufficiente per insegnare agli stessi le capacità critiche necessarie per riconoscere le notizie vere da quelle inventate. Lo stesso report attesta la percentuale degli studenti bambini capaci di fare ciò intorno al 2%.

Se questi dati appaiono drammatici, la scuola può risultare la chiave di volta per mettere fine alla crisi dell’informazione e alla piaga delle notizie inventate. Un cambiamento nel percorso degli studi può essere la soluzione, le fake news infatti presentano delle caratteristiche ricorrenti mirate e facilmente riconoscibili: come l’assenza di fonti autorevoli, titoli accattivanti, l’apparenza di click-bait (lett. esca per i click) e il fare leva su pregiudizi ed emozioni. Di conseguenza insegnare e imparare a riconoscerle può essere abbastanza facile. Un primo passo nella direzione giusta potrebbe essere inserire l’educazione al corretto uso dei media e dell’informazione tra i contenuti dell’educazione civica – ora chiamata cittadinanza e costituzione – insegnata a scuola.

Ammesso che, in tempi di populismo sfrenato, sia presente la volontà politica di porre rimedio al fenomeno delle fake news.

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