L’educazione autonoma in Messico: Chiapas e Oaxaca

La libertà è un sogno che l’educazione farà realtà.

Paulo Freire

Una frase forte, piena di coraggio e di ideali ma che a volte lascia davvero il segno e si tramuta in un vero cambiamento. Le esperienze di educazione autonoma in Messico ne sono un esempio calzante: parliamo rispettivamente del sistema educativo autonomo zapatista, sviluppato in Chiapas dalle comunità dell’Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale, e del Centro di Formazione e Coapprendimento ex Finca Alemania, del Comitato per la Difesa dei Diritti Indigeni (CODEDI) presso Santa Maria Huatulco in Oaxaca. Seppur geograficamente e politicamente lontani, gli stati di Chiapas e Oaxaca sono accomunati dalle popolazioni native di origine maya che li abitano, da secoli sfruttate ed emarginate dalle autorità e dai privati messicani.

Cosa s’intende dunque per educazione autonoma?

Queste comunità hanno provveduto negli ultimi anni alla creazione di un proprio sistema scolastico, uno strumento di emancipazione per accrescere la consapevolezza delle nuove generazioni perché si assicurino una vita degna, libera e autonoma contro le angherie dello Stato messicano. Le esperienze di Chiapas e Oaxaca si fondano in particolar modo su tre rotture praticate nei confronti dell’educazione tradizionale.

La prima rottura riguarda la separazione tra attività manuale e intellettuale, con l’intento di ricucire pratica e teoria. La seconda rottura consiste invece nel rapporto docente/studente: gli insegnanti non vengono più intesi come figure poste ‘al di sopra’, portatori di una presunta verità oggettiva, ma sono sostituiti dai cosiddetti facilitatori o promotori di educazione nella scuola zapatista. Il facilitatore e la facilitatrice sono persone appartenenti alla comunità e la loro autorevolezza si fonda sul rapporto di fiducia con i bambini e i ragazzi; si rendono accompagnatori, proponendo agli studenti sfide da affrontare per crescere insieme. Infine, la terza rottura si realizza nei confronti della presunta neutralità del sapere: l’educazione, partendo dalla conoscenza del proprio territorio, mira a combattere la mentalità individualista a favore di una visione comunitaria e resistente. Una scuola che unisce.

Chiapas: come nasce il sistema educativo zapatista

Prima della ribellione armata del 1994 ad opera dell’Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale, il sistema educativo del governo in Chiapas era pressoché inesistente e sul territorio presenziavano pochissimi istituti di formazione primaria (l’unica obbligatoria in Messico, oltretutto). Inadeguate e poverissime di risorse e insegnanti, le scuole pubbliche non facevano altro che aumentare l’esclusione sociale perché incapaci di accogliere i bambini delle culture indigene, considerate inferiori. La discriminazione partiva dal rifiuto di integrare all’insegnamento dello spagnolo quello delle lingue correnti della zona, per passare allo studio della Storia senza tener conto delle civilità amerinde. Inoltre, i costi elevati del materiale didattico e dell’uniforme rendevano impossibile mandare i figli a scuola per le famiglie contadine.

A seguito dell’insurrezione indigena, l’Esercito Zapatista dovette quindi affrontare il grave problema dell’istruzione nei territori appena liberati. Nel municipio autonomo ribelle zapatista (MAREZ) Ruben Jaramillo sorsero scuole autonome, per lo più semplici capanne, in cui i ragazzi e i bambini potevano riunirsi per apprendere le nozioni fondamentali della vita comunitaria.

Il sistema si è poi perfezionato, con l’appoggio economico di alcune organizzazioni europee, e ad oggi il Ruben Jaramillo conta tre centri di educazione primaria, in cui la natura costituisce un pilastro fondamentale del piano didattico autonomo. Molte famiglie hanno paura a mandare i figli in una scuola ribelle e non riconosciuta ma, nonostante i tentativi di sabotaggio da parte del Governo e le molestie costanti per mano dell’esercito, gli istituti autonomi continuano ad operare grazie alla solidarietà delle comunità che li ospitano. 

Escuelita Zapatista vs scuola ufficiale

Come anticipato prima, nella scuola zapatista i bambini sono seguiti dai promotori e dalle promotrici di educazione, solitamente giovani scelti all’interno della comunità stessa e cresciuti nell’Organizzazione. In quanto figure educative, esistono centri di formazione nei quali i promotori si riuniscono saltuariamente per scambiare esperienze, pratiche, consigli, risolvere problemi e concordare piani di lavoro comuni. A differenza degli insegnanti tradizionali, però, i promotori non ricevono salario e si mantengono grazie al cibo e all’aiuto fornitegli dalla comunità.

Per quanto riguarda il programma di studio, invece, l’obiettivo non è quello del sapere scientifico, assoluto e specialistico, ma la ricerca dell’equilibrio fra uomo e natura. Le lezioni si svolgono perciò anche all’aperto e prevedono ore di matematica, storia, lingua, ambiente e integrazione: si raccontano le vicende della comunità, s’impara a far di calcolo per riuscire a gestire gli affari e rispettare la Madre Terra.

Il sistema zapatista prevede l’insegnamento dello spagnolo, affiancato al chol (lingua del ceppo maya) già dai cinque anni, perché i ragazzi non siano esclusi dal mondo al di fuori della comunità. I momenti dedicati all’integrazione consistono invece in attività pratiche o giochi attraverso i quali viene spiegata l’interconnessione fra le diverse aree di apprendimento.

Particolare è l’insegnamento della Storia, che partendo dall’arrivo di Cristoforo Colombo nelle Americhe (l’inizio delle disgrazie), prosegue con la narrazione delle lotte popolari e degli avvenimenti che hanno segnato la vita dei nativi. La storia internazionale non è invece contemplata perché non ritenuta necessaria. 

L’organizzazione della scuola zapatista

In un’intervista realizzata nel 2015 alla Commissione Educazione del Caracol IV di Morelia (pubblicata su Indios senza Re di Orsetta Bellani, La Fiaccola, 2019), il collettivo Nodo Solidale ha avuto modo di dialogare direttamente con gli uomini e le donne allora membri. Incaricati di coordinare, promuovere e supervisionare le attività e la formazione degli educatori e degli alunni delle numerose scuole autonome della zona, i componenti della Commissione hanno così restituito la profondità dell’esperienza educativa zapatista.

La scuola primaria, infatti, si compone di quattro livelli: il primo viene chiamato maturazione, durante il quale si svolgono per lo più giochi e attività all’aperto come balli e canti. Seguono poi i tre gradi della secondaria e l’età dei giovani che ne escono dipende dalla fine del loro percorso, che può essere a 15, 16 o 18 anni. Nei primi tre anni di scuola primaria si studia e si gioca in circolo o in gruppi, mentre all’ultimo livello e alla secondaria si lavora frontalmente con il promotore.

Per quanto riguarda il sistema di valutazione, invece, i promotori osservano il progresso degli alunni settimanalmente e ogni mese ne presentano i voti: M se male, B se buono, MB se molto bene. Alla fine dell’anno si effettuano due esami, uno orale e uno scritto, ma non è prevista alcuna bocciatura per chi non ha acquisito discreti risultati. Semplicemente si continua a rimanere nello stesso livello.

I valori alternativi della Escuelita

Caratteristica fondamentale dell’insegnamento nella scuola zapatista è dunque l’orizzontalità, che costituisce un metodo efficace e stimolante per i bambini. Inoltre, grazie ad essa, i giovani crescono in una scuola fattibile, senza gerarchie imposte, giudizi sommari e punizioni. I bambini non vengono nemmeno riuniti per età, piuttosto in gruppi con il medesimo livello di apprendimento. A riguardo, un promotore racconta: «Non esistono bambini che sanno e bambini che non sanno; sta all’educatore scoprire dove si nasconde la porta che ogni bambino apre per ricevere stimoli dal mondo» (Nodo Solidale, Educazione autonoma in Messico, Kairos, Roma 2021, p. 28).

La scuola diventa dunque un luogo dove vivere senza pressioni negative la propria formazione culturale e gli sforzi di ogni allievo confluiscono nel lavoro collettivo, imparando a contare sul prossimo. Se durante una lezione difficile i bambini sono stanchi o distratti, nulla vieta al promotore o alla promotrice di interrompere la spiegazione e risvegliare l’attenzione con un’attività ludico-ricreativa; «tutto fa parte del grande gioco di crescere ed i bambini si fanno adulti abituandosi a sentirsi considerati, a sentirsi essere umani con potere decisionale sulla propria vita» (Nodo Solidale, Educazione autonoma in Messico, Kairos, Roma 2021, p. 29). Anche il promotore non smette mai di crescere ed imparare dai più piccoli. 

Oaxaca: il sentiero dell’autonomia

Nel cuore della Selva della Loxica sorge la Finca Alemania, centinaia di ettari di terreno occupati dal CODEDI. Ispirato dalle azioni dell’Esercito Zapatista, il Comitato per la Difesa dei Diritti degli Indigeni nasce nel 1998 in una piccola comunità zapoteca, in Oaxaca, e oggi ostacola gli interessi dei capitalisti e dei narcotrafficanti nell’intera regione. La Finca è inoltre la meta per tutti i giovani provenienti dalle oltre quaranta comunità del CODEDI, per corsi di formazione in diverse discipline: laboratori di falegnameria, agroecologia, serigrafia, apicoltura, medicina naturale, allevamento e molti altri. Terminato il periodo di apprendistato, ogni giovane fa ritorno alla propria comunità di appartenenza, per svolgere un’attività e diventare a sua volta formatore.

La scuola autonoma è il terzo progetto portato avanti nella Finca: qui i ragazzi ricevono un insegnamento che promuove il pensiero critico e abbraccia le lotte portate avanti dall’organizzazione, oltre a recuperare gli usi e i costumi indigeni e valorizzare la lingua zapoteca. Lo stato di Oaxaca, a differenza di Chiapas, possiede un istituto (IEPO) di riconoscimento delle certificazioni dei titoli di studio (come il Centro di Informazione sulla Mobilità e le Equivalenze Accademiche in italia. Trovate la nostra intervista alla vice direttrice di CIMEA a questo link), per permettere a chi lo desidera di andarsene dalla comunità e continuare a studiare; l’ambizione è quella di riuscire a far riconoscere i titoli anche a livello nazionale e internazionale, sferrando un duro colpo allo Stato messicano. 

La prospettiva comunitaria

Uno degli obiettivi del progetto educativo al Centro di Formazione e Co-apprendimento CODEDI è quello che essi definiscono prospettiva comunitaria. Con questo termine si riferiscono alla pratica quotidiana delle comunità del lavorare insieme. A questo si aggiunge la volontà di rispettare l’interculturalità, ovvero le differenze fra comunità, dai costumi ai modi di vivere e le idee. Accogliendo i pensieri di tutti si aiuta i giovani ad avere fiducia anche nell’apprendimento, e non solo nelle persone. Imparare ad essere una comunità significa anche affrontare i problemi i problemi in maniera partecipativa, senza che nessuno imponga un’idea dall’alto: si dà voce a tutti, anche agli studenti e si cerca di trarre il meglio dall’opinione di ognuno. Il lavoro collettivo, dunque, è tutto. Per questo motivo è importante imparare ad organizzarsi fin da giovani. 

Il ruolo del maestro nel processo educativo

Fuori dal Centro, all’insegnante è attribuito un determinato status per via del suo ruolo. Nei laboratori e nella scuola della Finca, invece, si cerca proprio di contrastare l’assunzione per cui i professori non debbano ‘sporcarsi le mani’. Fanno parte della comunità e perciò sono coinvolti in ogni attività della vita quotidiana. Loro stessi si definiscono facilitatori, perché come compagni lavorano fianco a fianco con i ragazzi; l’obiettivo è quello di liberarsi dagli stereotipi reputandosi tutti uguali, il rispetto va portato a chiunque indistintamente.

Si sviluppa dunque una relazione di fiducia tra facilitatori e ragazzi, che porta quest’ultimi a confidarsi con più tranquillità per poi trovare insieme una soluzione. Racconta un professore: «La fiducia nasce dal percorso di crescita che facciamo insieme. Io non so già tutto, anzi, molte cose le imparo dai ragazzi» (Nodo Solidale, Educazione autonoma in Messico, Kairos, Roma 2021, p. 92). L’impostazione ricorda immancabilmente la figura del capo scout: un punto di riferimento, una guida per i propri ragazzi, che sceglie volontariamente di accompagnarli nel percorso per diventare cittadini consapevoli, autonomi e solidali (per saperne di più, Il progetto educativo scout di Eleonora Cagnolati su Education Around).

I facilitatori riconoscono dunque di non sapere tutto, ma l’obiettivo è quello di recuperare le conoscenze ancestrali degli alunni dialogando con loro: il sapere previo dei più giovani fa parte della loro formazione, per semplice che sia, e non va sottovalutato. Un esempio è la coltivazione di mais e fagioli: provenendo da famiglie contadine, quasi tutti sanno come e quando seminare, ma non saprebbero spiegare il perché a parole. 

La scuola è resistenza

Il progetto educativo del Centro della Finca Alemania ha dunque un ruolo nel processo di trasformazione politica e sociale della zona. Attraverso un semplice spazio di co-apprendimento e condivisione dei saperi, infatti, ai giovani è data la possibilità di prendere coscienza. La formazione è necessaria per imparare un mestiere ma anche per poter affrontare la vita e difendere i propri diritti.

La resistenza parte non per nulla dalle scuole autonome, perché è lì che ai ragazzi e ai bambini viene mostrato un mondo potenzialmente diverso, dove la relazione con l’altro è al centro. Ovunque andranno poi questi giovani, sapranno salvaguardare se stessi e gli altri oltre a vivere in una comunità dando il proprio contributo. Questo metodo di educazione è potente, pericoloso per chi detiene il potere, e ogni giorno coloro che abitano e lavorano nel Centro e nelle scuole rischiano la vita. Ma allo stesso tempo illumina di speranza popolazioni a lungo rimaste nell’ombra. Per questo c’è chi sceglie di rimanere.

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