L’intelligenza artificiale rivoluzionerà il mondo dell’educazione?

L’ingrediente segreto

Di Francesca Feruglio e Sofia Lo Mascolo

La scuola esiste da circa 4000 anni: le prime testimonianze risalgono all’antico Egitto, quando i futuri scribi e amministratori dello Stato venivano istruiti alla scrittura su tavolette di terracotta.

Non si può certo dire che il modo di fare educazione sia rimasto invariato da allora. Da un lato, il sistema scolastico si è evoluto “fisiologicamente” nel corso della storia, assorbendo i cambiamenti delle epoche che si sono susseguite. Dall’altro, l’educazione è stata attraversata da vere e proprie rivoluzioni, che ne hanno stravolto i presupposti a tal punto da rendere impossibile continuare a pensarla o esercitarla come si era fatto fino a quel momento. Queste ultime sono state spesso accompagnate da un effetto “wow” sulla mentalità del tempo, che ne riconosceva immediatamente la portata da spartiacque.

Il dibattito degli ultimi tempi sembra permeato proprio da un effetto di questo tipo, legato allo sviluppo di forme di intelligenza artificiale generativa – ossia in grado di produrre nuove informazioni o di rielaborare dati esistenti in forme originali -, in primis ChatGPT. Infatti, le sue risposte tanto articolate da risultare difficilmente distinguibili da quelle di un essere umano hanno sollevato timori sull’impatto di questa tecnologia sull’autenticità degli elaborati scolastici e in generale sulle modalità di apprendimento, trattandosi di uno strumento potenzialmente in grado di sostituire l’impegno da parte di studenti e studentesse.

Ma ChatGPT è davvero una rivoluzione per l’educazione, o si tratta piuttosto di un fuoco fatuo destinato ad essere inglobato nel paradigma attuale senza stravolgerlo più di tanto?

Per rispondere a questa domanda proveremo a interrogare la storia e le sue rivoluzioni, cercando di comprendere cosa le abbia rese tali. Per questioni di spazio, abbiamo selezionato a titolo esemplificativo tre innovazioni dopo le quali l’educazione non è stata più la stessa: l’invenzione della stampa a caratteri mobili, l’introduzione della scuola dell’obbligo e l’avvento di internet.

Rivoluzioni copernicane

Magonza, 1453: Johannes Gutenberg inventa una macchina in cui caratteri mobili metallici vengono allineati, cosparsi d’inchiostro e pressati su un supporto cartaceo. Si tratta della prima tecnica di stampa a caratteri mobili in Europa.

L’informazione, fino ad allora trasmessa oralmente o attraverso manoscritti difficilmente replicabili, diventa quindi uniforme – è adesso possibile produrre agevolmente più copie dello stesso testo, standardizzandone i contenuti – e accessibile a un pubblico più ampio. In questo senso, la stampa rappresenta una rivoluzione tecnica per l’educazione, riguardante cioè gli strumenti da essa impiegati.

Ma la stampa è anche un terremoto culturale, che cambia il modo di pensare la conoscenza: infatti, la diffusione rapida di informazioni su larga scala allarga l’orizzonte del sapere oltre le discipline tradizionali. Allo stesso tempo, la maggiore circolazione di idee rende i lettori esposti a una quantità di informazioni mai vista prima, permettendo un confronto più ampio ma richiedendo anche un esercizio di spirito critico.

Roma, 1962: la legge 1859/62 avvia la riforma dell’unificazione della scuola media, mettendo in pratica il già esistente art. 34 della Costituzione italiana che stabiliva che “L’istruzione inferiore, impartita per almeno otto anni, è obbligatoria e gratuita”. Pur non essendo la prima misura a sancire l’obbligatorietà dell’istruzione, la legge del 1962 rappresenta l’origine della scuola dell’obbligo, dal momento che abolisce le scuole di avviamento professionale e rende la scuola media unificata l’unica opzione dopo le elementari. Nel 1962, il mondo dell’educazione viene rivoluzionato in almeno tre modi:

  1. Accessibilità: la scuola media unica “obbliga” bambini e bambine di qualsiasi estrazione sociale ad andare a scuola, aumentando il tasso di alfabetizzazione e coltivando il senso civico delle nuove generazioni a prescindere dalle condizioni di partenza, essendo vietata l’imposizione di contributi di qualsiasi genere.
  2. Equità educativa: la scuola media unica prevede un blocco di materie obbligatorie, uniformando il contenuto dell’istruzione ed evitando così disparità nell’apprendimento.
  3. Riduzione del lavoro minorile: la scuola media unica espande la base territoriale dell’istruzione, fino ad allora ristretta ai grandi centri cittadini, includendo periferie e centri montani, i cui abitanti erano maggiormente soggetti al lavoro minorile a causa della difficile raggiungibilità delle scuole.

La scuola media unica, dunque, democratizza l’idea di istruzione come diritto universale e non più come privilegio di pochi.

Ginevra, 1989: lo scienziato del CERN Tim Berners-Lee inventa il World Wide Web (WWW) e due anni dopo pubblica il primo sito web, che organizza risorse e contenuti di ogni tipo in un sistema di pagine collegate tra loro e consultabili attraverso dei web browser. A partire dal 1993, il web diventa accessibile gratuitamente al pubblico.

L’effetto wow in questo caso è inevitabile: si apre per la prima volta un orizzonte potenzialmente infinito di informazioni, consultabile in qualsiasi momento e da qualsiasi luogo. Con Internet, la globalizzazione entra per la prima volta nelle sfere dell’informazione e dell’educazione, che diventano parte di un mondo interconnesso. Per la prima volta l’apprendimento esce dai confini scolastici e diventa più autonomo, informale e personalizzabile: è possibile interagire direttamente con il contenuto, non solo assimilando informazioni ma anche imparando a reperirle. Internet rende quindi l’apprendimento permanente e universale, consentendo l’accesso a una vasta gamma di risorse educative anche per gli adulti, che si ritrovano esposti a opportunità di formazione online. Il mondo dell’educazione viene ancora una volta stravolto da una rivoluzione tecnica che ne modifica gli strumenti dell’apprendimento, dando origine alla cosiddetta formazione continua.

Senza dubbio, queste tre innovazioni non si limitano all’effetto wow: tutte e tre hanno stravolto il mondo dell’educazione, rendendo impossibile un ritorno al modello precedente. Nel caso della stampa e di Internet, il cambiamento è immediatamente riconoscibile sul piano tecnico. La scuola dell’obbligo, invece, modifica il modo di fare scuola in maniera meno eclatante: al netto della standardizzazione dei programmi, la prassi all’interno delle classi non cambia radicalmente. Eppure, la riforma del 1962 è generalmente riconosciuta come un cambio di paradigma.

Qual è, allora, l’ingrediente segreto della rivoluzione?

Se qualcosa è cambiato in tutti e tre questi casi, è stato il modo in cui gli abitanti delle varie epoche storiche hanno iniziato a percepirsi come soggetti appartenenti a una comunità sempre più responsabile e informata. La progressiva democratizzazione dell’istruzione, accessibile a una base sociale sempre più ampia, non ha (sempre) trasformato le modalità pratiche dell’apprendimento, ma è sempre stata caratterizzata da un nuovo modo di pensare. In altre parole, veri cambiamenti di paradigma sono quelli che non si fermano al fuoco fatuo dello sbalordimento iniziale (con annesse preoccupazioni), ma ciò che Kant chiamava rivoluzioni copernicane, ossia ribaltamenti del modo in cui l’umanità pensa a se stessa. Ciò che di volta in volta è cambiato è stata la consapevolezza di dover adattare l’educazione alle nuove sfide del mondo reale, che riguardano non tanto il modello quanto chi lo mette in pratica.

Allora, tornando alla nostra domanda, ChatGPT ha le carte in regola per inserirsi tra le rivoluzioni copernicane nel campo dell’educazione?

ChatGPT, fuoco fatuo o rivoluzione?

Nel mondo dell’educazione si riflette molto l’idea che abbiamo di noi stessi e noi stesse, delle qualità dell’essere umano da perseguire, e di cosa intendiamo per intelligenza. È curioso notare come di recente vengano usati termini molto umani come “intelligenza” o “reti neurali” per definire calcoli e computazioni. ChatGPT sembra, ad esempio, “pensare” come una persona. Dall’altro lato imprenditori di successo come Vusi Thembekwayo, riflettendo su cosa sia l’intelligenza e su come misurarla, si riferiscono direttamente al funzionamento dei computer. Per lui l’intelligenza è elasticità, la stessa che definisce l’intelligenza di panels, che sono tanto più intelligenti quanto più abili nell’interrogare dati originali usando nuovi frameworks, arrivando così a risultati inediti non vincolati al passato. Pare, dunque, che le macchine pensino sempre più come persone e le persone pensino sempre più come macchine.

In questo scenario l’educazione, che si fa spesso giudice nel determinare l’intelligenza di studenti e studentesse, non può che domandarsi se stia chiedendo ai propri ragazzi di imparare a fare le macchine. ChatGPT rinnova un’antica e dilemmatica riflessione su quale sia il vero ruolo dell’educazione nella nostra società – se volga a imprigionarci o a liberarci, direbbe Freire.

Il mondo intrigante e rivoluzionario in cui ChatGPT però ci porta a farci questa domanda è che fa emergere il funzionamento stesso del nostro linguaggio e la sua inaspettata semplicità. Per spiegarci meglio: ChatGPT riesce a scrivere elaborati di buona qualità, spesso migliori di quelli di molti studenti. Lo fa attraverso la manipolazione del linguaggio, che per secoli l’essere umano ha ritenuto uno strumento troppo articolato perché una macchina potesse appropriarsene. ChatGPT, peraltro, non ha un funzionamento troppo complesso: essenzialmente si tratta di probabilità condizionata, che si serve della letteratura disponibile per calcolare statisticamente quale parola potrebbe completare la frase in questione. In altre parole, ChatGPT si limita ad esaminare il suo (seppur vasto) repertorio e a manipolare i simboli a sua disposizione, senza comprenderne il significato e senza voler davvero dire qualcosa. Sembra quasi di trovarsi nella Stanza Cinese, l’esperimento mentale proposto da John Searle già nel 1984 nel libro Minds, Brains and Science con l’obiettivo di confutare la teoria dell’intelligenza artificiale forte. Searle ci invita a immaginare che una persona riceva input in cinese e istruzioni per produrre output in risposta, pur non conoscendo la lingua; seguendo pedissequamente le regole, il soggetto in questione potrebbe sembrare un conoscitore del cinese, ma in realtà starebbe semplicemente seguendo delle istruzioni per manipolare dei simboli senza comprendere il significato dei messaggi che sta mandando.

Non per sminuire l’avanguardia di questo strumento, ma la verità, come sottolinea Stephen Wolfram, è che è il linguaggio a dimostrarsi meno complesso di quello che pensavamo. Scrivere essays, pratica standard di esaminazione in molti sistemi educativi europei, si rivela non essere poi un’attività così complessa, o così esclusivamente umana.

Robot quasi umani, umani troppo robotici

La portata rivoluzionaria di ChatGPT sta quindi nella capacità di questo strumento di interrogarci sui criteri con cui abbiamo definito l’intelligenza fino ad oggi, valutato studenti e studentesse a scuola, identificato l’eccellenza. Come si può parlare di eccellenza se quest’ultima può essere facilmente sostituita da una macchina? Il nostro sguardo si dovrebbe quindi rivolgere a cosa ChatGPT non è, o è ancora molto lontano dall’essere: una mente creativa e intuitiva, capace di cogliere aspetti del reale anche nelle sue metafore e nei suoi sottintesi. ChatGPT imita e organizza ma non crea, e fa quel che fa senza esserne consapevole. Ciò che ci differenzia da ChatGPT è che non ci limitiamo ad osservare il mondo dall’esterno, ma ne facciamo parte e contribuiamo a costruirlo. Forse l’educazione, in un rinnovato ricordo, dovrebbe di nuovo rivolgersi a queste talvolta dimenticate abilità, rendendole prioritarie rispetto al mero nozionismo che ci rende tanto facilmente sostituibili. Non dobbiamo diventare più bravi di una macchina a pensare in astratto, ma esercitare la peculiare capacità del nostro pensiero di muoversi nel mondo e di coglierne le sfaccettature più concrete.

Questa è la rivoluzione di ChatGPT: sta scardinando le convinzioni sulla complessità del linguaggio e su cosa sia l’intelligenza, costringendoci a cambiare prospettiva. Ci sta insegnando, al pari delle rivoluzioni del passato, che il cambiamento non è un fattore esterno da subire ma uno stimolo con cui relazionarsi, riscrivendo il modo in cui guardiamo noi stessi e il nostro stesso sistema. 

E, in fondo, anche ChatGPT sembra pensarla come noi:

ChatGPT rivoluzionerà il mondo dell’educazione?

ChatGPT ha il potenziale per rivoluzionare il mondo dell’educazione in diversi modi, ma è importante notare che questa tecnologia non può sostituire completamente l’esperienza dell’apprendimento umano. Tuttavia, può essere utilizzata come strumento complementare per migliorare l’esperienza di apprendimento degli studenti e fornire informazioni e risorse educative aggiuntive.
L’educazione è molto più di una semplice raccolta di informazioni; comprende anche l’interazione con insegnanti e compagni di classe, l’apprendimento pratico e l’esperienza sul campo, l’opportunità di sviluppare le competenze sociali e di collaborazione, e molto altro ancora.

Consigli di lettura

ChatGpt: l’intelligenza artificiale può riscrivere la scuola? Come scongiurare l’uso dell’algoritmo da parte degli alunni? – INTERVISTA 

Cara ChatGpt, in futuro salirai tu in cattedra? 

Chat GPT: l’intelligenza artificiale che ci costringe a pensare – Education 2.0

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