Aggiornamento richiesto: installare ora o ricordare più tardi?

“…e forse il caso d’uso più potente e più poetico è quando l’intelligenza artificiale è utilizzata per migliorare l’intelligenza umana, il potenziale umano e i propositi umani.”

Così il fondatore di Khan Academy, una organizzazione no-profit che offre servizi educativi digitali e gratuiti, conclude un interessante discorso sull’uso dell’intelligenza artificiale nel mondo dell’educazione e nella scuola di oggi e di domani. In quindici minuti, Khan presenta le sfide che l’AI porta inevitabilmente con sé, ma anche le opportunità conseguenti per insegnanti e studenti. Il suo ottimismo non è ingenuo, anzi pone la consapevolezza e il dibattito al centro della questione: non possiamo ignorare che l’intelligenza artificiale stia cambiando il modo di concepire l’apprendimento, di costruire percorsi educativi e, in ultima analisi, di imparare, e non possiamo ignorare i rischi associati.  Per questo motivo, dobbiamo pensare collettivamente a come costruire politiche educative che facciano uso di questo tipo di intelligenza non per sostituire, ma per migliorare quella umana. 

Ripensare ai meccanismi educativi in chiave innovativa è una grande opportunità che l’AI ci sta offrendo per rivedere ed aggiornare finalmente alcune logiche e ripensare schemi e obiettivi educativi che forse per troppo tempo sono rimasti immobili e per questo risultano anacronistici. Fondamentale poi è rendere l’etica dell’intelligenza artificiale un tema centrale, da affrontare ad ogni età: portando sin da subito l’attenzione su di essa e sul suo valore, ci si dovrà educare ad un uso consapevole di questa tecnologia, la cui mancanza rappresenta un vero e proprio pericolo – e chissà se magari  non arriverà finalmente il momento in cui l’etica ritroverà il suo ruolo fondamentale come dialogo e non come imposizione.

Di recente ho avuto la possibilità di aver raccontate da esperti di tecnologie e innovazioni educative le potenzialità dell’AI in questo mondo, e ne sono rimasta affascinata. Il mio ottimismo tecnico, ancora altalenante sul tema dell’AI (sempre per questioni etiche, va da sé), si è riacceso: come sempre, studiare e comprendere la complessità è il modo migliore per non esserne spaventati e spaventate, ed apre molteplici strade da poter percorrere con la giusta consapevolezza. Per questo vorrei  raccontarvi alcune delle “magnifiche sorti e progressive” che l’uso dell’AI potrebbe aprire nella didattica. In particolare, ci concentreremo sull’uso dell’AI generativa (per intenderci, ChatGPT genera testo, Dall-E genera immagini, JukeBox genera musica), che per ora sembra essere l’innovazione più radicale e promettente nell’ambito dell’educazione.

Student*

Nella guida Unesco all’uso dell’AI generativa vengono suggeriti alcuni degli usi più comuni ed efficaci di ChatGPT nelle mani di studenti e studentesse: può generare risposte alternative, stimolando il pensiero critico e la creatività può mettere alla prova il ragionamento logico che lo studente o la studentessa sta seguendo; può essere un valido suggeritore. L’AI generativa diventa un tutor per studenti e studentesse, utile nella risoluzione di esercizi complessi, nella schematizzazione di testi e di concetti, nella scrittura di testi, nella valutazione dinamica della correttezza delle soluzioni proposte. Tutor di questo tipo, gratuiti e sempre disponibili, sono già presenti e probabilmente largamente utilizzati da studenti e studentesse nelle scuole, all’insaputa o meno dei propri insegnanti.

Un’accortezza di prioritaria importanza, in questo senso, è che studenti e studentesse comprendano che ChatGPT non è un motore di ricerca, ma uno strumento generativo: non potrà essere utilizzato per cercare delle fonti, perché le inventerà – ovvero, le fonti saranno verosimili ma generate dal software. Questa distinzione permette di capire veramente quali possono essere le applicazioni e le complementarietà tra i due strumenti tecnologici: differentemente da Google, che è utile nella ricerca di fonti, fatti e informazioni non rielaborate, ChatGPT fornisce feedback rispetto a un input fornito da chi lo utilizza, rappresentando uno strumento di dialogo e di approfondimento su un certo tema. È dunque fondamentale, per chi usa l’AI come strumento di supporto allo studio, avere una conoscenza di quello che essa può fare e non può fare, così come sapere dare input giusti (prompt) per sfruttarla al meglio.  

Insegnanti

Educatori ed educatrici, così come esperti ed esperte di metodi di apprendimento, hanno iniziato a notare che ChatGPT è un ottimo aiuto nella progettazione didattica in generale, può essere un valido stimolo alla discussione critica in classe e può supportare il processo di valutazione. Esistono già software che permettono di creare dei moduli di progettazione didattica, generando anche il contenuto di questi ultimi, insieme ad alcuni esercizi utili all’apprendimento. In realtà anche ChatGPT stesso, se utilizzata, addestrata e indirizzata intelligentemente, può creare obiettivi di apprendimento e costruire lezioni sulla base delle specifiche fornite. Anche durante la didattica le possibilità d’uso sono molteplici: può essere assistente virtuale nelle attività di gruppo, creatrice di stimoli e suggeritrice di risposte sul momento, strumento per esercitazioni interattive e coinvolgenti. Al pari di studenti e studentesse, è importante che gli insegnanti sappiano creare prompt e domande specifiche, magari attraverso più tentativi e facendo identificare l’AI nel ruolo di docente. “Giocando” con questi strumenti le attività didattiche possono essere innovate e rese più efficaci. 

Ricercator*

Nel mondo accademico l’AI non ha suscitato grandi preoccupazioni, ma molta curiosità. Ricercatori e ricercatrici non temono che ChatGPT possa scrivere un articolo accademico, e sono consapevoli delle limitazioni e dei bias che l’AI ha nel pensiero creativo, nell’elaborazione complessa e nella concettualizzazione di livello accademico. Del resto, questi limiti non sono un segreto: nella pagina del software si legge che “ChatGPT ha una conoscenza limitata del mondo e degli eventi successivi al 2021 e può occasionalmente produrre istruzioni dannose o contenuti di parte”. Il contenuto generato non si può definire nuova conoscenza, perché non è ottenuto tramite un procedimento rigoroso e replicabile (il concetto stesso di black box è ovviamente lontano dall’altissimo livello di trasparenza e affidabilità richiesto nel mondo della ricerca). Pur non costituendo un pericolo per il loro campo d’azione, nelle facoltà l’uso dell’AI è argomento di discussione e di dibattito: alcuni ricercatori e ricercatrici, di indole naturalmente curiosa, cercano di usare l’AI generativa per i compiti più semplici, ad esempio snellire il processo di scrittura, schematizzare e combinare concetti, migliorare il processo di ricerca, sintetizzare risultati di analisi e tanto altro. In effetti, gli accademici vedono davvero questo strumento come un grande supporto in alcuni compiti che richiedono un uso minore delle capacità intellettive e un gran numero di ore. Infatti, la sua grande capacità di adottare e adattare uno specifico linguaggio lo rende un grande aiuto per la scrittura di articoli accademici, che prevedono uno schema replicabile e una proprietà di linguaggio molto specifica, sulla quale l’AI è sicuramente allenata grazie all’accesso a buona parte della ricerca scientifica pubblicata prima di settembre 2021. 

Gli usi e le possibilità che l’AI apre nel mondo della didattica e della ricerca non si fermano certamente qui, e questo breve articolo può essere un buon punto di inizio per una riflessione che deve partire ed è ancora troppo spesso ignorata da chi di questi temi si occupa giornalmente. I nostri dispositivi tecnologici ogni tanto ci avvertono che dobbiamo fare degli aggiornamenti, e più sono vecchi maggiore sarà la frequenza con cui dovremmo aggiornarli perché rimangano funzionanti e al passo con i tempi. Se in molti ambiti e settori gli aggiornamenti sono stati fatti con frequenza, la scuola è da tempo sempre la stessa, e per troppo tempo non si è rinnovata nelle modalità e negli strumenti. Oggi non possiamo ignorare i cambiamenti che inevitabilmente ChatGPT ha già apportato nel mondo dell’educazione: è arrivato il momento di aggiornare il nostro stesso sguardo su di esso, non facendo finta che non esista il cambiamento o che sia possibile fermarlo, ma accogliendolo in ottica migliorativa e supportandone gli usi che possono davvero avere un impatto positivo sulla scuola del futuro. Non dimenticando mai, comunque, un pizzico di responsabilità. 

Rispondi

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.