Portale Giovani: quando il volontariato colma lacune e forma nuove competenze

“Mi ha lasciato tanto”

“Esperienza fantastica”

“È stato formativo” 

Quante volte avete sentito queste frasi ascoltando racconti di viaggi, Erasmus, lezioni e interi corsi di laurea? Quante volte, invece, siete stati voi gli autori di queste frasi? Purtroppo vi sarà successo almeno una volta nella vita.

Prima di spiegarvi perché io detesti queste frasi più di un lunedì mattina, vorrei presentarvi un progetto che ha molto di quel “formativo” citato sopra.

Officina Educativa – Partecipazione Giovanile e Benessere è un servizio del Comune di Reggio Emilia rivolto a giovani tra i 14 e i 29 anni che si occupa di partecipazione, educazione alla cittadinanza attiva e alla legalità, di promozione di stili di vita sani, sport, benessere e creatività. Inoltre dal 2019 l’InfoGiovani di Reggio Emilia, altro progetto di Officina Educativa, offre opportunità di orientamento, di formazione e di lavoro. I progetti che vengono portati avanti sono promossi dal Comune e gestiti in convenzione con cooperative e/o enti del privato sociale.

Il Portale Giovani è la piattaforma dedicata a rendere fruibile ed accessibile questo servizio, e dà informazioni rispetto a tutti questi ambiti. In un recente articolo abbiamo riportato l’esperienza di educazione e partecipazione dal progetto di ampio spettro, e soprattutto del luogo di partecipazione e attivazione giovanile che è #viacassoliuno.

Il sito del Portale Giovani è un punto d’incontro e di possibilità per i ragazzi, le cui attività si collocano in quel vuoto istituzionale quanto esistenziale tra la scuola superiore e il mercato del lavoro. Se avete avuto la possibilità di guardare, e inevitabilmente finire tutto d’un fiato,  Strappare lungo i bordi di Zerocalcare, avrete notato quanto bene il fumettista romano abbia espresso quel vuoto e quell’amarezza di chi si affaccia alla vita adulta. Ecco, non è poco serio dire che queste attività e progetti hanno l’obiettivo di affrontare quelle sensazioni che ha raccontato Zerocalcare ma che sono comuni a molti giovani – da qui il grande successo della serie. Vediamo perché. 

Orientamento e incrocio domanda-offerta, il fallimento dei Centri per l’impiego

Tra i progetti portati avanti da Officina Educativa gioca un ruolo importante InfoGiovani, lo sportello dedicato a orientamento, formazione e lavoro, volontariato e tempo libero, mobilità internazionale ed eventi culturali citato in precedenza. Questo sportello fisico è gestito da Reggiana Educatori, cooperativa sociale che si occupa di servizi e progetti scolastici ed extrascolastici di alta qualità e professionalità, sia privatamente che in convenzione con Enti e Istituzioni locali. All’InfoGiovani sono raccolte e condivise appunto le informazioni rispetto a tutte le opportunità rivolte ai giovani sul territorio, ovvero rispetto a tutto quello che Officina Educativa promuove. A questo punto fisico, si affianca la sua controparte virtuale, che è proprio il sito del Portale.

L’esistenza di un servizio di questo tipo può essere giustificata anche solo da una percentuale: 39,1%, ovvero il tasso di studenti dell’Unione Europea che portano a termine gli studi, come racconta Ilaria Salvino Alboni in un precedente articolo. Se a questo dato aggiungiamo quel 23,3%, registrato nel 2020 secondo l’Istat, di giovani della fascia 15-29 anni che non studiano e non lavorano (NEET: Not in Education, Employment or Training) comprendiamo ancora di più la complessità della condizione dei giovani. 

Come spiegare iscrizioni all’università e conseguenti ritiri? E ancora, perché alcuni di questi ragazzi poi rimangono inattivi come chi l’università non l’aveva proprio considerata? Alla base, in Italia esiste un problema legato all’orientamento. È un tema che mi sta a cuore e mi ha toccato da vicino, soprattutto nel difficile momento della scelta dell’università.. Io sono stato fortunato: una professoressa carismatica (Cfr. U. Galimberti, 2014) mi ha invogliato a leggere saggi filosofici per pura curiosità, al di fuori dell’orario scolastico. Però, la domanda “che cosa ti piace fare?” spesso non viene posta a ragazze e ragazzi. L’idea che si forma è quella che la materia in cui si eccelle debba essere la scelta di vita, l’investimento giusto per noi.  Ma è davvero così? 

Sperimentare e appassionarsi

L’orientamento dovrebbe riuscire a porre questa domanda in termini maieutici, tirando fuori quello che la persona ha dentro. Non una materia preferita ma una pratica, un hobby, un interesse capace di accendere. Ciò che ne risulterà, che sia l’amore per la giurisprudenza o quello per l’impasto della pizza, sarà la base per costruire assieme a chi si sta orientando. 

Concretamente, dove potrebbe avvenire questa buona pratica di cui ogni giovane avrebbe bisogno? La risposta fa rabbrividire perché coinciderebbe con “Centro per l’impiego”, un luogo ameno in cui il tempo scorre più lentamente e lascia nel limbo tirocinanti 30enni ed extracomunitari che si interfacciano ad un mercato del lavoro che diventa ginepraio quando chiede esperienze professionali triennali a neolaureati.

Battute a parte, i centri per l’impiego (CPI) in Italia vedono scarsi finanziamenti rispetto al ruolo fondamentale e strategico che dovrebbero avere. Riuscire a far incontrare domanda e offerta nel mercato del lavoro allocando le risorse umane in modo efficace ed efficiente sarebbe una misura di contrasto alla disoccupazione giovanile e non. La cruda realtà italiana ci restituisce, invece, le difficoltà strutturali di tali istituzioni, sotto-organico con 8.000 impiegati – con solo il 17% con titolo universitario –in 552 centri. Gli investimenti, di pari passo, sono esigui, con solo lo 0,04% del PIL italiano destinato a questo impiego.

Il flusso di capitale umano disoccupato trova, dunque, maggior possibilità di essere allocato attraverso le agenzie per il lavoro. La tematica sarebbe troppo ampia da trattare qui, ma il quadro è comunque sufficientemente chiaro per affermare la resa di un servizio pubblico al privato.

Associazionismo, volontariato e competenze in contesti non-formali

Realtà come quella del servizio Officina Educativa  sono, dunque, una risposta differente e virtuosa all’alternativa dicotomica “gestione pubblica” e “gestione privata”.  Infatti oltre ai progetti promossi dal Comune, alcuni sono gestiti in convenzione con cooperative e/o enti del privato sociale. La collaborazione ha portato alla realizzazione di un servizio gratuito e di carattere informale capace anche di accompagnare e sostenere nella ricerca di lavoro e nella scelta di un percorso di studi o professionale, che è un fabbisogno importante della nostra società. Banalmente, ho aiutato più di qualche amico a compilare il primo Curriculum nella mancanza di enti o istituzioni preposti. 

In altre parole la Peer Education, educazione tra pari, rassicura sempre più di altre metodologie formali. Sarà che nel chiacchiericcio in merito alle competenze trasversali l’empatia in questo caso è un fattore fondamentale. L’associazionismo e il volontariato, a tal proposito, pongono alla base valori e non la ricerca del ritorno economico, così da poter presentare un servizio di orientamento empatico ed efficace. 

Approfondendo la complessità di questi servizi si può cogliere come l’attività associazionistica e di volontariato siano un vettore di auto-formazione. Quel mantra vuoto “è stato formativo”, all’inizio dell’articolo, qui si riempie di significato. Difatti, le competenze che sviluppiamo non possono essere relegate al solo contesto formale del lavoro e dell’università. Sviluppiamo conoscenze e abilità anche in contesti informali – ovvero nel quotidiano – e in contesti non-formali (Cfr. P. Reggio, E. Righetti, 2013 pp. 38-39). Questo ultimo caso è utile per questa analisi. 

Le competenze acquisite in contesti non formali fanno riferimento a quell’insieme di conoscenze e abilità maturate in organismi che non si classificano come sistemi formali (università) ma che perseguono intenzionalmente scopi educativi e formativi. Tra questi organismi possiamo includere le associazioni culturali, le associazioni a promozione sociale – come Education Around stessa – o il servizio civile nazionale. A differenza dei contesti informali, c’è una certa intenzionalità nella maturazione di queste competenze, che possono essere sviluppate in attività strutturate con un alto impiego di risorse verso il fine dell’associazione o dell’organismo di volontariato.

Esperienze come quella del volontariato vengono spesso bistrattate per il solo fatto di essere svolte a titolo gratuito. Si potrebbe rileggere Hannah Arendt con “L’equivoco che accomuna il volontariato allo svago”.  Nella nobiltà di fornire un servizio alla cittadinanza vi è anche un ritorno verso se stessi in termini di competenze che spesso rischiano di rimanere tacite. Svalutare il proprio impegno nel volontariato e nelle attività svolte in periodi più o meno lunghi sembra concedere più dignità pedagogica a ciò che si impara in un’aula universitaria.

Si può apprendere in contesti diversi, all’Università di Bologna come in #viacassoliuno, ma non vi sono modalità di apprendimento di serie A e di Serie B. Da una parte esibiamo il diploma di laurea, dall’altra diciamo che la nostra attività volontaria “è stata formativa” magari senza valorizzarla nel proprio curriculum.

Un ultimo tassello, di matrice formale, rende trasparenti le competenze acquisite in contesti non-formali e informali e dà dignità all’azione del servizio promosso dal Comune di Reggio Emilia.. Rendere trasparenti le competenze vuol dire individuarle, validarle e certificarle. Ciò è stato reso possibile a livello legislativo con il d.lgs. 13/2013 che istituisce il Repertorio nazionale dei titoli di istruzione e qualificazioni professionali, consultabile sul sito dell’INAPP Istituto Nazionale per l’Analisi delle Politiche Pubbliche. Oltre al repertorio sono stati istituiti degli standard minimi per il servizio del sistema nazionale di certificazione delle competenze (processo, attestazione e di sistema). La certificazione implica una complessità burocratica che merita una riflessione più ampia.  

Iniziare a diffondere, però, la consapevolezza dell’esistenza di pratiche e di servizi di questo tipo è fondamentale per sostenere l’occupazione e l’orientamento in Italia e non lasciare il compito insostenibile al solo mondo dell’associazionismo e del volontariato.

FONTI

– U. Galimberti, L’ospite inquietante. Il nichilismo e i giovani, Feltrinelli Serie Bianca, Milano 2014.

– P. Reggio, E. Righetti, L’esperienza valida. Teorie e pratiche per riconoscere e valutare le competenze, Carocci editore, Roma 2013.

Rispondi

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.